Generi letterari e scelte artistiche

GENERI LETTERARI E SCELTE ARTISTICHE

Le riflessioni di questi giorni, riassunte soprattutto negli ultimi due post (v. qui e qui), mi hanno portato a fare un salto in avanti mentale ma anche pratico, nell’impostazione e nella stesura dei miei vari lavori in corso, ovvero la mia serie post-distopica sull’auspicata fine della società del controllo, quella noir ambientata tra Toscana e Umbria, il nuovo libro di viaggio alla ricerca di un significato nascosto, tra l’Italia e l’Europa, e soprattutto il mio saggio narrativo sui miei percorsi interiori, che diventerà una sorta di bio-autografia, come si suol dire, sulla mia vita e il mio rapporto in divenire con la dimensione dello spirito.

Generi letterari
La copertina di “Tolkien. La Luce e l’Ombra”, con un’illustrazione tratta da un quadro di mio padre Giorgio Agnoloni

Questo mi ha portato a riflettere sui generi letterari, che, fin da quando ho iniziato a scrivere, componendo diversi saggi sulla letteratura di J.R.R. Tolkien – l’ultimo dei quali, in realtà, è una curatela-traduzione-compartecipazione a una raccolta di studi italo-inglese dal titolo Tolkien. La Luce e l’Ombra (Kipple Officina Libraria) – per me sono sempre stati diverse modalità di approccio all’unica realtà, fisico-energetico-spirituale, ovvero all’Holos che è tutto ciò che esiste. Non diversamente, in questo, dai generi musicali o dagli stili pittorici.

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Viaggiare lavorando, lavorare viaggiando

VIAGGIARE LAVORANDO, LAVORARE VIAGGIANDO

Viaggiare lavorando
Uno scorcio della campagna intorno a Corris, in Galles (foto mia)

Uno dei momenti più difficili per me è sempre stato il rientro dai viaggi. Lo percepivo come un ritorno alla palude percettiva dell’abitudine, quella che Tolkien, nel suo saggio Sulle fiabe (qui nell’edizione italiana), chiamava “the drab blur of triteness or familiarity” (che mi piacerebbe rendere, in modo un po’ libero, come “lo scialbo offuscamento delle banalità di ogni giorno”).

Stavolta, però, è stato diverso. Arrivare al viaggio tra Inghilterra e Galles (dalla settimana trascorsa nel Wiltshire alla residenza letteraria presso Stwidio Maelor, a Corris, in Galles, fino alle visite a Oxford, Manchester e Liverpool), che sul mio profilo Facebook vi ho raccontato su base (appunto) quasi quotidiana, nel bel mezzo di un percorso meditativo e di consapevolezza al contempo materiale e spirituale (perché tutto è uno, e lo spirito è qui, nella materia), mi ha messo nella condizione di elaborare un nuovo approccio al lavoro: l’approccio dell’Ognidove (sempre citando l’ideatore di questa splendida parola, l’amico Davide Sapienza).

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Città in movimento

CITTÀ IN MOVIMENTO

Una delle frasi che meglio ricordo del primo libro che ho pubblicato, il saggio Letteratura del fantastico. I giardini di Lorien (Spazio Tre, 2004), è quella in cui, parlando delle sensazioni che dà il camminare attraverso Firenze, dicevo che è una città che va vissuta “in movimento”. Quello che intendevo era che, forse per la sua bellezza artistica, contemplarla stando fermo mi risultava (e in effetti mi risulta ancora) difficile, magari perché può innescarsi la sindrome di Stendhal, per cui è meglio non guardarla dritta negli occhi – neanche fosse la Gorgone! -, oppure perché, come una bellissima donna o una splendida statua, vuoi gustarla a trecentosessanta gradi, girandole intorno per cogliere ogni aspetto del suo splendore.

Città
Veduta del Ponte Vecchio dal Ponte alle Grazie (foto mia, scattata camminando)

Be’, oggi, dopo quasi vent’anni di scrittura narrativa largamente imperniata sul tema della città – tanto che la studiosa polacca Karolina Kopańska sta lavorando a una tesi di dottorato su questi argomenti, con focus specifico sui miei libri, presso l’Università di Danzica -, posso dire che c’è dell’altro. Il motivo per cui sento Firenze e tutte le città dei miei libri camminandoci attraverso e concedendomi solo brevi soste contemplative, non è soltanto di natura estetica, ma presenta numerose sfaccettature, che hanno a che fare con le dinamiche interiori dei miei personaggi e con le loro risonanze cosmiche.

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Passaggi di stato

PASSAGGI DI STATO

In questi giorni, “complice” la concomitanza del quarantennale della finale dei Mondiali di Spagna ’82, mi sono trovato a ripensare alla figura di mio padre, che in quell’occasione, dopo il deludente primo turno del Campionato del Mondo, che aveva visto l’Italia qualificarsi per il rotto della cuffia, previde non solo che avrebbe vinto la competizione, ma avrebbe battuto in finale la Germania.

Passaggi di stato

Mio padre era un uomo forte, genuino e simpatico. Aveva i suoi difetti, come tutti e come me per primo , ma un’onestà e una nobiltà di cuore che oggi è merce rarissima. L’amico Professor Giuseppe Panella, che è venuto a mancare un anno dopo di lui, l’aveva conosciuto in occasione della presentazione di un mio libro, e quando morì, nel marzo 2018, lo definì “una lama diritta”.

Tra le cose che mi ha lasciato in eredità c’è la sua specialissima sensitività. Non era certo un medium, né lo sono io, ma aveva la capacità di intuire cose al di là del velo dell’apparenza. Di lavoro aveva fatto il geometra libero professionista, consulente tecnico del Tribunale e anche progettista. Tuttavia amava dipingere e leggere, e apprezzava la buona musica. Questa sensibilità estetica è forse il terreno che, insieme all’amore per le Lettere di mia madre, più mi ha predisposto a diventare uno scrittore e un linguista.

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Traduzione, lingue e suono

TRADUZIONE, LINGUE E SUONO

I rinterzi degli eventi non finiscono mai di stupire. L’altra sera sono ricascato – col godurioso relax che segue una giornata di scrittura, studio e cammino – su I laureati, primo film di Leonardo Pieraccioni; per la precisione, sulla scena in cui, di notte, i quattro eterni studenti “fancazzisti” si ritrovano in cucina e decidono che è giunto il momento di smetterla di perdere tempo e iniziare a vivere sul serio. In sottofondo c’è un assolo di chitarra acustica che ben sottolinea il senso di indolente rimpianto della situazione, e ti rendi conto che, anche se sono passati ventisette anni dall’uscita di quella pellicola e quei giovani attori hanno ormai i capelli grigi (o li hanno persi), quel momento è come se fosse adesso. E il merito di ciò è in gran parte delle note di quel pezzo e dell’intenzione e degli accenti con cui viene eseguito.

Traduzione
Una scena da “I laureati” (foto di pubblico dominio, da Wikipedia)

A seguire, mi sono nuovamente imbattuto in un bellissimo documentario sul percorso artistico della grande cantautrice canadese Joni Michell, che, spiega, si è sempre meravigliata di sentirsi dire che i suoi accordi erano “strani” – lei è famosa per l’originalità delle sue progressioni armoniche -, perché ogni singolo accordo ha un senso così com’è, in quanto serve a veicolare un’emozione specifica. Ancora una volta, dunque, quello che fa la differenza è il suono.

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Luce interiore e tempi difficili

LUCE INTERIORE E TEMPI DIFFICILI

Luce interiore
Danzica (foto di Giovanni Agnoloni)

Oggi ho avuto un secondo, piacevolissimo incontro via Skype con gli studenti di Italianistica dell’Università di Danzica, condotto dall’ottima Professoressa Dorota Karwacka-Pastor.

Incredibile la profondità e il grado d’interesse (che si percepisce dalla qualità delle domande) delle ragazze e dei ragazzi, che tra l’altro hanno anche già ordinato i miei libri nel corso della chiacchierata!


Un aspetto su cui mi hanno fatto riflettere è l’importanza della luce interiore. Mi hanno chiesto se nei miei romanzi (soprattutto quelli distopici) ci sia della speranza, o se la cornice negativa prevalga. Io ho risposto che naturalmente è presente, sì, ma nasce sempre dal confronto con il contorno (anche) negativo. La speranza è dentro di noi, e c’è sempre, come dice Aragorn ne Le due torri di Tolkien.

Dobbiamo coltivarla orientando sempre il nostro pensiero a cose alte e belle, e tenerla viva e prendercene cura come del nostro combustibile più importante, al tempo stesso approfondendo la consapevolezza di chi siamo e cosa desideriamo, la nostra vocazione, che va coltivata incessantemente.
Dobbiamo sì prendere coscienza delle bugie e degli abusi del potere (ogni riferimento alla situazione attuale è “puramente casuale”) ma ripartire ogni volta da dentro riportando cuore e mente a questo centro luminoso. Altrimenti diventiamo noi stessi parte e concausa del problema. Chi coltiva pensieri negativi crea cose negative.


La rinascita del mondo parte dalla rinascita della singola persona, e dalla sua risonanze con altre anime rigenerate.