TRADUZIONE, LINGUE E SUONO
I rinterzi degli eventi non finiscono mai di stupire. L’altra sera sono ricascato – col godurioso relax che segue una giornata di scrittura, studio e cammino – su I laureati, primo film di Leonardo Pieraccioni; per la precisione, sulla scena in cui, di notte, i quattro eterni studenti “fancazzisti” si ritrovano in cucina e decidono che è giunto il momento di smetterla di perdere tempo e iniziare a vivere sul serio. In sottofondo c’è un assolo di chitarra acustica che ben sottolinea il senso di indolente rimpianto della situazione, e ti rendi conto che, anche se sono passati ventisette anni dall’uscita di quella pellicola e quei giovani attori hanno ormai i capelli grigi (o li hanno persi), quel momento è come se fosse adesso. E il merito di ciò è in gran parte delle note di quel pezzo e dell’intenzione e degli accenti con cui viene eseguito.

A seguire, mi sono nuovamente imbattuto in un bellissimo documentario sul percorso artistico della grande cantautrice canadese Joni Michell, che, spiega, si è sempre meravigliata di sentirsi dire che i suoi accordi erano “strani” – lei è famosa per l’originalità delle sue progressioni armoniche -, perché ogni singolo accordo ha un senso così com’è, in quanto serve a veicolare un’emozione specifica. Ancora una volta, dunque, quello che fa la differenza è il suono.
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