SILENZIO DA TRADURRE

In questi giorni, nei quali – mi si passi l’espressione un po’ grezza – ho chiuso tanti cerchi interiori, è nata in me una riflessione sul valore del silenzio: una dimensione che, in questi due anni e mezzo di sofferenza, deliri, polemiche e attacchi, è stata sommersa da una ridda di voci, urla e aggressività.
Il problema di fondo del silenzio è che costa. E un problema aggiuntivo è che è difficile da interpretare; difficile da tradurre. Andiamo per ordine. Senza dubbio costa, dicevo. Sì, perché la tentazione di non perdere il treno di un dibattito, di una notizia (vera o manipolata che sia), di una polemica o altro – the fear of missing out, come direbbero in America -, ci ammorba pressoché costantemente. E allora anche l’atto più elementare e automatico, respirare, diventa un riflesso non solo involontario, com’è naturale che sia, ma in-cosciente, ovvero non consapevole. Così, al respiro viene inevitabilmente ad associarsi la dualità, la contrapposizione e quindi l’affanno, l’ansia, l’incapacità di dire di no a questo gioco perverso, e la conseguente chiusura del cuore, del plesso solare, sede della spontaneità della vocazione più profonda – della genuinità del Sé.
La cosa più difficile è entrare in questo silenzio. La seconda, come ieri mi diceva una mia partner svedese di tandem linguistici, che per di più vive nella frenetica America di cui sopra (ed è pure una scrittrice), è mantenere questo centro, ovvero continuare questa meditazione di fondo, che ci radica nel qui e ora – l’unica realtà esistente, al di là del passato che spesso ci grava addosso e del futuro che altrettanto spesso temiamo o agogniamo con tensione spasmodica.
Questo ci porta alla difficoltà di tradurre il silenzio. Sì, perché una volta che ci siamo dentro, e dunque attuiamo quella separazione dal mondo delle apparenze, dallo schopenaueriano Velo di Maya (o della wachowskiana Matrix), insomma dalla dualità del gioco del mondo, per entrare in contatto e idealmente rimanere a contatto con il Sé, con la vera Unità, questo benefico stato di assenza inizia a suggerire strade, soluzioni, prospettive, che magari hanno a che fare con il mondo, certo, perché lì si esplicano e comunque riguardano le nostre scelte di vita, ma non si confondono con il caos, con il rumore del fuori. Ne rimangono immuni.
Stare nel silenzio, coltivare la pausa di “vuoto” tra inspirazione ed espirazione, significa appunto comprendere il sostrato cosmico alla base di ogni suono, la nota di fondo dell’Essere, la sostanza stessa di quella radiazione di fondo del cosmo che altro non è che il giovanneo Verbo che “in principio era”. Allora si comincia a vedere la forma completa delle cose della nostra vita, a cogliere la ragione di tante tendenze della nostra mente, il terreno su cui si sono innestate matrici psicologiche che poi hanno portato al consolidarsi di stati emotivi disarmonici che possono anche aver inciso sulla nostra salute fisica.
Ecco perché il silenzio è difficile, sì, da tradurre, ma fondamentale.
Questa settimana, dunque, me la sono presa per chiudere questo cerchio, che in fondo per me – e per chi mi segue – è in corso da almeno vent’anni. Più o meno il tempo della mia strada di scrittore fino ad oggi, visto che circa vent’anni fa ho preso coscienza della mia vocazione di narratore.
Ma è stata una settimana piena di cose. Mentre la stesura dei miei due nuovi libri avanza, ho iniziato a lavorare alla programmazione della promozione di Da luoghi lontani (che esce tra una settimana con Arkadia Editore, e che presenterò in giro per l’Italia a partire dall’inizio di maggio insieme a Carlo Cuppini e a Sandra Salvato – intanto, ecco la Pagina FB dedicata), e ho anche avuto il grande piacere di vedere un grande amico e un ottimo collega, Marino Magliani, approdare alla semifinale del Premio Strega, con il suo romanzo Il cannocchiale del tenente Dumont (L’Orma Editore) inserito tra i Dodici che si contenderanno il più prestigioso premio letterario italiano.
Marino Magliani (insieme a Paolo Ciampi), tra l’altro, è anche il curatore della collana “Senza Rotta”di Arkadia, quella che ospita Da luoghi lontani, per cui sono ancor più contento di sentirmi parte di “una squadra fortissimi”, per dirla con Checco Zalone 🙂
Seguiranno presto altre notizie. Non vi dico “Stay tuned” perché mi l’espressione fa passare l’appetito. Ma continuate a seguirci!