Mondo di dentro vs (o nonostante) mondo di fuori

MONDO DI DENTRO VS (O NONOSTANTE) MONDO DI FUORI

Ormai sono anni che lavoro sulla mia interiorità e, tra alti e bassi, disgrazie e fortune, posso dire di aver raggiunto, col prezioso aiuto di un naturopata straordinario come Andrea Cappelletti e il supporto spirituale di chi mi assiste al di qua e al di là del confine, un risultato importante: staccarmi dai condizionamenti del mondo e focalizzarmi su ciò che amo – scrivere, tradurre, studiare le lingue, suonare la chitarra, e viaggiare nella misura in cui ciò è funzionale e coerente rispetto ai punti che precedono.

Questo non mi esenta dai giramenti di scatole, soprattutto verso furbetti, ipocriti e veri e propri delinquenti (non mi riferisco solo alla sfera politico-lobbistica, quando è tale, ma anche a conoscenze private). Tuttavia, mi fa capire – ne parlavo poco fa con un amico – che anche i giramenti di scatole sono spunti o “lezioni” del destino per aiutarci in uno sviluppo personale che passa attraverso le cose del mondo, ma fondamentalmente non è “del” mondo, perché attiene alla dimensione dello spirito.

È la logica evangelica del “non estirpare la zizzania prima del tempo”, ma del concentrarsi piuttosto sul coltivare il tesoro interiore.

mondo
La casa e il giardino di Francesco Petrarca ad Arquà (foto mia)
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Passione e Rinascita

PASSIONE E RINASCITA

Passione

Non lo nego, per me le giornate con un forte significato spirituale, come queste di Passione, sono sempre difficili. Probabilmente è perché fanno tutt’uno con i miei percorsi meditativi, che sono anch’essi spirituali.

Stanotte ho anche sognato un terremoto, leggero ma prolungato – quasi un massaggio dell’anima. Un segno di cambiamento importante, pare. Mi sono svegliato un po’ più riposato del solito – cosa rara, per quanto mi riguarda.
Di cose come queste si nutre anche la mia scrittura, anche quando è meno impegnata e introspettiva. Ma in fondo lo è sempre. Mi dicono di scrivere cose semplici, di tener conto del punto di vista del lettore. Lo faccio mentre edito, mai mentre scrivo. Le parole non sono negoziabili, e in verità sono sempre leggibili e comprensibili. Basta attivare i neuroni e aprire il cuore. Le forme, dopo, a volte possono essere ritoccate, ma neanche sempre. Non si può alterare il messaggio che “arriva”.

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In principio era il Verbo

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO

“In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.
in lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l’hanno accolta. (…)”

(Dal Prologo del Vangelo di Giovanni)

Oggi, commentando questo capolavoro, che per me è l’inarrivato vertice letterario, filosofico e spirituale della cultura occidentale (e non solo), Don Marco, mio parroco e grande amico, ha detto una cosa che è la quintessenza di tutte le mie meditazioni dell’ultimo periodo, e che sostanzia il Natale che sto vivendo, andando al cuore del concetto stesso di Rivelazione:

“Dio è la presenza che riempie di sé tutto lo spazio”.

In principio era il Verbo
Foto mia scattata sul ponte di Via Pisana sul torrente Greve, nel quartiere di Ponte a Greve, a Firenze
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Verbo e azione

VERBO E AZIONE

Verbo
Uno scorcio del mare (o forse del cosmo) da Marina di Pisa (foto mia)

È almeno una settimana che rifletto sul significato della parola “contempl-azione”, in rapporto a quella “trasform-azione” (e i trattini sono fondamentali). Stiamo attraversando un momento delicatissimo, nel quale -come ho già sottolineato in precedenza – i “muro contro muro” (ovvero la dualità) possono rappresentare la scintilla definitiva e letale, tanto sul piano personale quanto su quello interpersonale e collettivo. Urge quindi comprendere mediante un atteggiamento contemplativo, da non confondere con la mera “osservazione” (attenzione che qui non c’è il trattino).

“Osservare” significa “guardare” e – come la fisica quantistica ci insegna – porta inevitabilmente a interagire con l’oggetto osservato, potendo dunque innescare pericolose reazioni a catena.

“Contemplare” è altro: precisamente, rendersi conto che esiste un’intelligenza superiore e “implicata” (per usare un termine caro a David Bohm) in tutto il cosmo e nelle pieghe della nostra vita, e perciò della nostra mente e del nostro cuore. Significa dunque calarsi con la mente e con il cuore in questa intelligenza, questo Logos o Verbo che “in principio era”, come dice l’incipit della più grande opera di tutti i tempi, il Vangelo di Giovanni. Identificarsi con essa, sentirsene parte e lasciare che sia essa ad agire attraverso noi.

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Non dualità

NON DUALITÀ

Non dualità
Uno scorcio di Massa Marittima, con un cipresso, albero che per sua costituzione naturale collega la Terra al Cielo (foto mia)

L’unica riflessione che mi viene da fare, in questo tempo di aspre contrapposizioni interne e internazionali, è questa, alla luce del mio percorso spirituale e olistico, nonché delle letture e dei progetti letterari che ho in corso (e in mente): sto apprendendo sempre più la lezione della non dualità.

Qualsiasi contrapposizione è frutto di un’illusione, ovvero dell’idea di prevalere su qualcosa o qualcuno. Fermo restando il No a qualunque abuso della libertà altrui, politico o personale (il mio impegno negli ultimi anni sta a testimoniarlo), comprendo che l’unica cosa che conti è l’individuazione e l’espressione del , scintilla divina annidata nel nucleo più profondo dell’identità, e che si manifesta – anzi, deve manifestarsi, per il bene personale e collettivo – nel far(si) concreto della propria vocazione.

Vivere in questa centratura favorisce uno stato di fluida realizzazione personale nella concretezza delle cose (come ben sottolineato da Fritjof Capra ne Il Tao della fisica), l’unione degli apparenti opposti – che sono solo frutto della sovrapposizione della mente alla realtà – e il venire alla luce di un intuito tendenzialmente infallibile.

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Silenzio da tradurre

SILENZIO DA TRADURRE

Silenzio

In questi giorni, nei quali – mi si passi l’espressione un po’ grezza – ho chiuso tanti cerchi interiori, è nata in me una riflessione sul valore del silenzio: una dimensione che, in questi due anni e mezzo di sofferenza, deliri, polemiche e attacchi, è stata sommersa da una ridda di voci, urla e aggressività.

Il problema di fondo del silenzio è che costa. E un problema aggiuntivo è che è difficile da interpretare; difficile da tradurre. Andiamo per ordine. Senza dubbio costa, dicevo. Sì, perché la tentazione di non perdere il treno di un dibattito, di una notizia (vera o manipolata che sia), di una polemica o altro – the fear of missing out, come direbbero in America -, ci ammorba pressoché costantemente. E allora anche l’atto più elementare e automatico, respirare, diventa un riflesso non solo involontario, com’è naturale che sia, ma in-cosciente, ovvero non consapevole. Così, al respiro viene inevitabilmente ad associarsi la dualità, la contrapposizione e quindi l’affanno, l’ansia, l’incapacità di dire di no a questo gioco perverso, e la conseguente chiusura del cuore, del plesso solare, sede della spontaneità della vocazione più profonda – della genuinità del Sé.

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Primavera e consapevolezza

PRIMAVERA E CONSAPEVOLEZZA

Primavera

Giovanni Pascoli, nella poesia L’aquilone, scriveva: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, / anzi d’antico”, riferendosi all’arrivo della primavera. Una miglior istantanea del rinnovamento dell’aria di questo inizio di stagione non si potrebbe immaginare. In questi giorni – pur sapendo che sta per arrivare una nuova sferzata di freddo – l’ho sperimentato. Anzi, proprio in questa commistione di novità e “ancestralità” dell’energia primaverile ho colto una delle dimostrazioni del fatto (comprovato dalla fisica quantistica) che il tempo, in definitiva, non esiste, dunque è perfettamente normale sentir vibrare nell’aria frequenze correlate a emozioni appartenenti a epoche lontane. Non mi riferisco solo all’infanzia (aspetto approfondito nei racconti della mia prossima pubblicazione condivisa con Carlo Cuppini e Sandra Salvato, Da luoghi lontani, in uscita per Arkadia Editore il 14 aprile), ma ai sogni, alle emozioni e alle realtà percettive di altre epoche.

Personalmente, la primavera mi evoca giornate assolate pomeridiane in salsa medievale, un po’ come in certi episodi del Decameron o dei Racconti di Canterbury di Pier Paolo Pasolini. Oppure certi scenari liberi e percorsi dal vento delle praterie di Rohan nel Signore degli Anelli di Tolkien.

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Assenza e contatto

ASSENZA E CONTATTO

Assenza

Altra riflessione, figlia di quella del mio ultimo post. Mi sono concentrato in particolare sul concetto di “assenza” (in latino, absentia, ovvero la condizione di ab-esse, “essere lontano da”). Credo che questa presa di distanze, questo “distacco” dalle cose, sia necessario proprio per entrare spiritualmente e fattivamente in un contatto produttivo con esse.

Il paradosso è che più si è a contatto con le cose e le persone, più si alimenta la separazione, la dualità (e il contrasto, l’attrito che potenzialmente ne deriva). La concentrazione sul respiro, e soprattutto sull’attimo centrale di dilatazione che si apre al suo interno, porta invece a prendere quota, a vedere tutto dall’alto. E allora, in un singolare ribaltamento di prospettiva, si entra più profondamente in contatto con l’essenza delle cose e delle persone: le si com-prende meglio.

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