Respiro, consapevolezza, pace

RESPIRO, CONSAPEVOLEZZA, PACE

Respiro

I miei percorsi meditativi mi hanno portato a considerare un aspetto sul quale non avevo mai soffermato l’attenzione. C’è un punto, in ogni singolo respiro, in cui la stessa attività respiratoria si ferma (o si sofferma), e con essa il pensiero e la percezione del tempo. Quello è il punto in cui si colgono il silenzio e il vuoto perfetti, e il cuore riprende campo e irradia beneficamente l’holos spirito-mente-corpo. Insieme, si comprende l’illusorietà del tempo (confermata dalle più recenti scoperte della fisica quantistica) e ci si affaccia sull’Eterno.

In quel punto (che in realtà, olograficamente, è in ogni punto del cosmo, e quindi anche di noi) si annida il nucleo del nome stesso di Dio, che nella tradizione ebraica si chiama YHWH (spesso traslitterato come “Yahweh”), ovvero “Io sono”. Come a dire, non solo il “divino in noi” (il Sé) è la radice dell’identità, ma lo stesso nome di Dio, formato dalle due metà “YH” e “WH” – assimilabili al suono dell’inspirare e a quello dell’espirare – è un respiro completo. Il cuore di questo nome, però, è proprio l’attimo centrale in cui il respiro è fermo, l’istante senza-pensiero-e-senza-tempo a cui non corrisponde alcuna lettera, ma solo un immaginario trait d’union di “assenza”.

Questo ci richiama anche al concetto di vuoto (e di “svuotamento del pensiero”) della tradizione buddhistica, che nella sua versione meditativa più profonda (la Vipassanā, “importata” dall’India), mira, anche attraverso la consapevolezza del respiro, a cogliere l’Essere in quanto tale – un parallelo nella tradizione monastica e meditativa cristiana è la meditazione sull’È, l’Essere puro, Dio in quanto essere privo di qualunque aggiunta, aggettivazione od orpello, che emerge dal volumetto dell’Anonimo inglese del XIV secolo La nube della non conoscenza.

Ogni volta che respiriamo consapevolmente – e, quindi, che irradiamo di consapevolezza tutte le nostre cellule e qualunque gesto compiamo, sgravandolo dai fardelli del pensiero e lasciandolo fluire nella sua quintessenziale efficacia -, ci avviciniamo a (e a volte raggiungiamo) questo centro. E ciò sia quando meditiamo ad hoc sul respiro, sia quando portiamo avanti questo atteggiamento in ogni momento delle nostre giornate, trasformando da dentro il nostro agire e ciò che con esso, inevitabilmente, risuona (e, ahimè, risuona anche quando non siamo così centrati – da qui gli abituali problemi).

Tutto questo corrisponde alle parole di Cristo riportate dal Vangelo di Giovanni (15, 4-7):

“Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.”

Qui sta il segreto di ogni kharma, ovvero legge causa-effetto. Se rimaniamo nel centro, che ci è stato concesso per Grazia, che è dentro di noi e che possiamo raggiungere sprofondando consapevolmente oltre le gabbie comprimenti del pensiero, verso il nucleo dell’Essere, ogni nostra azione fluirà in accordo con quella nota di fondo. Altrimenti tutto si metterà di traverso, risuonando con la nostra assenza di centratura. “Senza di me non potete fare nulla”, dice Cristo – ovvero senza l’Io sono, la radice del divino in noi, di cui Lui, Uomo e Dio, è la manifestazione storica per eccellenza. E quell’Io sono è nel cuore di ogni respiro, in quell’apparente vuoto che in realtà è vuoto solo di mente razionale, ma pieno dell’energia-spirito di Amore che è l’essenza stessa del Padre-Madre universale: il Verbo (È) al principio di tutto, come sempre in Giovanni, 1-1,5:

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.

Questa è, appunto, la soluzione, che porta con sé verità, pace e riconciliazione dell’apparente dualismo delle cose e delle dinamiche del mondo. Su questo è fondamentale puntare, soprattutto in questo travagliato momento storico. Qualunque meditazione, preghiera, azione, attività artistica e professionale, insomma qualunque gesto di amore, spontanea e radiante manifestazione dell’entusiasmo (alla greca, “ispirazione”, cioè presa di coscienza del “theòs”, il Dio in noi), ovvero del soffio vitale, il respiro da cui siamo partiti e a cui inevitabilmente torniamo, porterà a una trasformazione del mondo. Sarà il gesto politico più rivoluzionario ed efficace.

(Ringrazio Andrea Cappelletti per i preziosi spunti nati dalla nostra conversazione di ieri)