Orizzonti del viaggio e delle lingue

ORIZZONTI DEL VIAGGIO E DELLE LINGUE

Continua la serie dei miei appuntamenti in giro per l’Italia sul tema Gli orizzonti del viaggio e delle lingue, nei quali parto dai luoghi evocati nei miei libri e in quelli da me tradotti per svolgere una riflessione generale sul filo sottile ma profondo che lega il lavoro di scrittura a quello di traduzione. Del resto, se seguite questo blog lo sapete fin da aprile, quando per la prima volta ho parlato di questo argomento in occasione dei miei incontri con gli studenti dell’Università di Stoccolma e di quella di Uppsala, insieme al mio traduttore svedese Johan Arnborg.

Da allora, e fino all’incontro di qualche giorno alla Biblioteca Comunale di Passignano sul Trasimeno (nella mia foto, una veduta del lungolago), il filo di questo ragionamento si è approfondito, impregnando ogni aspetto del mio lavoro letterario, sia sul fronte scrittorio che su quello traduttivo – che, come spiego durante i miei incontri con i lettori, sono per me due facce della stessa medaglia. Così non solo sto raccogliendo idee preziose per Voci oltre il buio, il saggio narrativo che sto scrivendo sulle mie esperienze meditative e spirituali – che toccherà anche e in misura cruciale la mia esperienza artistica come scrittore e traduttore -, ma presento ormai congiuntamente tutti i frutti del mio lavoro nell’una come nell’altra veste.

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Perugia e altro

PERUGIA E ALTRO

Di ritorno dall’ottimo incontro sul tema del viaggio presso il Centro Giovani di Sperlonga, che mi ha permesso di conoscere dei ragazzi veramente in gamba, grandi lettori e appassionati di lingue, sto organizzando altri eventi simili presso diverse biblioteche.

Il primo sarà lunedì 16 ottobre alla Biblioteca degli Arconi di Perugia (Via della Rupe, c/o ingresso scale mobili Stazione Pincetto Minimetrò) e avrà per titolo “Gli orizzonti del viaggio e delle lingue”. Sarà un’altra occasione per percorrere i luoghi dei miei libri, oltre a quelli – e alle lingue in cui sono stati scritti – delle opere da me tradotte.

Perugia

Intendo proseguire in questo itinerario di riflessione – iniziato a maggio in quel di Stoccolma – che mette insieme (perché sono insieme) scrittura e traduzione, in quanto entrambe forme di espressione del mondo interiore di un autore, che si tratti di un’opera sua o di un altro scrittore, da lui però interpretata e “trascritta” nell’atto traduttivo.

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Traduzioni e rispetto

TRADUZIONI E RISPETTO

Tra ieri e oggi, facendo lo slalom fra la traduzione del romanzo francese in corso e la scrittura del romanzo La via dell’altrove, ho ripreso la pratica dello svedese e del polacco ascoltati e parlati, mediante canali Youtube dedicati e conversazioni via Skype con amici madrelingua che vivono all’estero. Una sana abitudine da me acquisita nell’osceno periodo dei lockdown – forse l’unica cosa buona che ne abbia ricavato, oltre alle tante pagine scritte in quei mesi a questo tavolo (v. prima foto).

Traduzione tavolo

Così ho riflettuto su come, per le lingue, valga la stessa cosa che vale per la chitarra classica: le “regole” contano, ma senza la pratica (dei pezzi come delle conversazioni della vita reale) servono a poco. O meglio, possono bastare per tradurre, un po’ come quando al liceo si facevano le versioni di latino e greco antico (lingue puramente teoriche), ma non per vivere. Perché le lingue, come la musica, sono cose vive. E, in definitiva, anche la traduzione, come la scrittura, beneficia moltissimo dell’abitudine di parlare gli idiomi che ne sono oggetto: il risultato è più naturale, perché entri maggiormente nello spirito dell’ambiente da cui quel testo proviene.

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Szeged, Budapest, Firenze e altro

SZEGED, BUDAPEST, FIRENZE E ALTRO

Dopo la fine della mia residenza letteraria a Pécs, grazie allo Hungarian Writers’ Residences Program, ho passato due bellissimi giorni a Szeged (il cui nome italiano è Seghedino), splendida città del Sud dell’Ungheria, vicina al confine con la Serbia, dove ho partecipato al reading che vi avevo preannunciato, insieme agli autori di Szeged Roland Orcsik e Orsolya Bencsik.

Szeged municipio
Il municipio di Szeged

Roland, che conosco fin dal 2014, quando lo conobbi durante una delle mie prime residenze letterarie, Zvona i Nari, in Istria, mi ha anche intervistato, ponendomi domande centratissime sullo spirito del mio lavoro passato e attuale, spaziando dal tema del viaggio a quello della tecnologia (e della distopia), fino all’ispirazione pasoliniana del romanzo che sto scrivendo, e che con ogni probabilità s’intitolerà La via dell’altrove. Ringrazio molto lui e tutti gli autori e i lettori intervenuti, tra cui in particolare Károly Méhes, organizzatore della mia residenza a Pécs, il poeta e traduttore dall’americano all’ungherese (e viceversa) Gabor Gyukics e lo storico delle religioni e teologo András Máté-Tóth.

Szeged reading
Un momento dell’intervista a margine del reading di Szeged, con Roland Orcsik

Oggi, sul sito dell’organizzazione della residenza (che ha Pécs tra le sue varie sedi) è uscito un articolo dedicato al mio lavoro (qui di seguito, la traduzione italiana “pilotata” da Google), dov’è stato ben fotografato il mio modo di muovermi tra i luoghi e i personaggi senza vedere un’autentica cesura, ma anzi una linea di continuità e di osmosi tra gli stessi, sulla scia di un’onda sottile ma potente di compenetrazione tra mondo esterno e mondo interiore.

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Pécs sotto la pioggia

PÉCS SOTTO LA PIOGGIA

Arriva la pioggia a Pécs e la scrittura si fa più intima, sempre ai tavolini del caffè del Teatro delle Marionette (Bóbita Bábszinház), mentre fuori si alza il vento e iniziano a cadere gocce più fitte. Sto entrando in una dimensione fuori dalle normali coordinate spazio-temporali, che è precisamente quella in cui sto ambientando il mio romanzo di viaggio. Al tempo stesso, mi accorgo che tutto questo rientra nel mio ambientarmi qua. Già ho parlato di come l’indecifrabilità (per adesso) della lingua ungherese abbia creato una sorta di bolla intorno a me. Ma, giunto al quinto giorno di residenza, posso dire che le persone che incontro, gentili e riservate, conciliano la mia concentrazione e mi accolgono con un senso di rispetto che somiglia un po’ al “ritenuto” delle note musicali: dietro, percepisci un’intensità che ti si rivelerà quando scoprirai certi codici, linguistici ma non solo. E la cosa mi piace. Certo, al caffè c’è stato un gran movimento di ragazzi e ragazze – coinvolti, credo, in qualche spettacolo o attività educativa legata al teatro. Ma niente mi ha veramente disturbato, a parte un inopinato calabrone, che per qualche minuto ha risvegliato la mia fobia per gli insetti dotati di pungiglione, venendo poi allontanato dal barista.

Pécs (Bobina)
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Viaggio in Ungheria (e scrittura)

VIAGGIO IN UNGHERIA (E SCRITTURA)

L’accoglienza ieri a Pécs, in Ungheria, presso lo Zsolnay Cultural Quarter (di seguito, varie mie foto), da parte dell’organizzazione dello Hungarian Writers’ Residence Program, è stata perfetta. Un grosso grazie in particolare a Károly Méhes e a sua moglie per averci ricevuti!

Viaggio in Ungheria

Da oggi inizierò a dedicarmi alla parte ungherese del mio romanzo di viaggio. Per il momento l’impressione che ho avuto è di un paese dalle meravigliose campagne e di una città – di cui ho visto solo questo quartiere culturale, nato dalla ristrutturazione di un’antica manifattura di ceramica – dalla vivace e raffinata vita culturale (qui accanto ci sono varie facoltà universitarie, una scuola di musica, un jazz club e un teatro delle marionette).

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Città in movimento

CITTÀ IN MOVIMENTO

Una delle frasi che meglio ricordo del primo libro che ho pubblicato, il saggio Letteratura del fantastico. I giardini di Lorien (Spazio Tre, 2004), è quella in cui, parlando delle sensazioni che dà il camminare attraverso Firenze, dicevo che è una città che va vissuta “in movimento”. Quello che intendevo era che, forse per la sua bellezza artistica, contemplarla stando fermo mi risultava (e in effetti mi risulta ancora) difficile, magari perché può innescarsi la sindrome di Stendhal, per cui è meglio non guardarla dritta negli occhi – neanche fosse la Gorgone! -, oppure perché, come una bellissima donna o una splendida statua, vuoi gustarla a trecentosessanta gradi, girandole intorno per cogliere ogni aspetto del suo splendore.

Città
Veduta del Ponte Vecchio dal Ponte alle Grazie (foto mia, scattata camminando)

Be’, oggi, dopo quasi vent’anni di scrittura narrativa largamente imperniata sul tema della città – tanto che la studiosa polacca Karolina Kopańska sta lavorando a una tesi di dottorato su questi argomenti, con focus specifico sui miei libri, presso l’Università di Danzica -, posso dire che c’è dell’altro. Il motivo per cui sento Firenze e tutte le città dei miei libri camminandoci attraverso e concedendomi solo brevi soste contemplative, non è soltanto di natura estetica, ma presenta numerose sfaccettature, che hanno a che fare con le dinamiche interiori dei miei personaggi e con le loro risonanze cosmiche.

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Viaggiare leggendo (e scrivendo)

VIAGGIARE LEGGENDO (E SCRIVENDO)

Viaggiare leggendo è uno dei refrain estivi più consolidati, benché messi alla prova dalle pigrizie tecnologicamente indotte degli ultimi dieci-quindici anni. Eppure, col ritorno alla vita dopo la triste stagione pandemica, si percepisce come le persone lo desiderino, esattamente come desiderano vedere i posti, viverli e incontrarci altra gente. Nel corso delle prime presentazioni di Da luoghi lontani (Arkadia Editore) in giro per l’Italia, ho avuto modo di sentirlo con chiarezza.

Viaggiare leggendo

Da Senigallia a Firenze, da Vercelli a Torino, da Barga a Urbino, ho percepito nitidamente come spostarsi e toccare (perché mi riferisco proprio al libro cartaceo, oggetto gradevolissimo come forma e consistenza, ancor prima che per i contenuti) fossero proprio le cose che più ci mancavano.

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