Superficie, profondità e denuncia

SUPERFICIE, PROFONDITÀ E DENUNCIA

Altra riflessione che mi è capitato di fare ieri in una quelle fasi di “meditazione spontanea” che sono parti integranti del mio percorso artistico, ma anche umano e spirituale, e nelle quali, tutt’a un tratto, le cose appaiono di una chiarezza cristallina.

Negli anni ho cercato, da scrittore, di approfondire la ricerca dell'”essere lì”, ovvero la sospensione dell’incredulità (il restituire intensamente lo spirito dei luoghi e delle situazioni, calandovi appieno il lettore), della quale per me il primo maestro è stato Tolkien, che ne parla diffusamente nel saggio Sulle fiabe (in italiano, disponibile nel volume Albero e foglia, Bompiani, 2000). Peraltro, questi sono argomenti che ho toccato anche nel mio personale contributo alla raccolta di studi tolkieniani internazionali, da me curata e tradotta, Tolkien. La Luce e l’Ombra (disponibile in un volume italo-inglese edito da Kipple Officina Libraria).

Superficie Tolkien

Al contempo, la lettura (e la traduzione di saggi su) uno dei maestri del post-moderno, Roberto Bolaño (v. Bolaño selvaggio, a cura di Edmundo Paz Soldán e Gustavo Faverón Patriau, che ho tradotto con Marino Magliani per Miraggi Edizioni), mi ha formato (insieme alle mie vicissitudini personali) all’esplorazione del Profondo, la smisurata caverna viscerale che ognuno di noi si porta dentro.

Superficie Bolaño
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Leggerezza e profondità

LEGGEREZZA E PROFONDITÀ

Leggerezza

Mi trovo a lavorare in contemporanea al romanzo post-distopico a cui ho già fatto cenno in un precedente articolo e al sequel di un mio giallo ambientato per lo più in Maremma, in luoghi a me cari per belle vacanze trascorse e amicizie fatte. E mi sto rendendo conto di una cosa: è fondamentale associare sempre alla ricerca interiore e alla dimensione del Profondo la consapevolezza e il piacere della Superficie.

Senza questo radicamento a terra e senza la percezione delle cose piacevoli della vita, è impossibile affrontare le difficoltà e completare le traversate del buio che a volte si verificano nel corso della nostra esistenza.

Forse è il principio stesso del Tao a comportarlo, ma indubbiamente, per me è essenziale modulare continuamente tra tonalità minori e maggiori, tra serio e “leggero”, pur sapendo bene che gran parte di quella “serietà” si riflette nella normalità quotidiana, e gran parte di quella leggerezza è inzuppata nei drammi passati, e da essa è rinata.

Giusto per restare in questa chiave, ecco una breve citazione dal mio precedente romanzo Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa (Fusta Editore), che univa appunto queste due componenti.

“Mi sembrava di trovarmi su un confine non solo geografico, ma soprattutto interiore. Vedevo, in quella panca di pietra su cui ero seduto, col mare appena mosso davanti a me e il tra- monto che avanzava, una tranquilla simbologia: come il segno, non cercato ma spontaneamente trovato, che stavo morendo a qualcosa per rinascere a una nuova dimensione.

(…)

Anni dopo, in un saggio sulla meditazione di consapevolezza, avrei trovato una citazione che più o meno diceva: «Solo chi muore continuamente a se stesso è veramente vivo, e anche quando muore non muore davvero». Fino ad allora mi ero affannato a cercare il “divertimento”, mentre adesso stavo iniziando un percorso di ricerca intima e un dialogo profondo con i luoghi.”

(pag. 49)