Ganesh Del Vescovo in concerto

GANESH DEL VESCOVO IN CONCERTO

Il concerto di Ganesh Del Vescovo di ieri sera alla Biblioteca di Sesto Fiorentino è stato un evento straordinario per diversi motivi. Pare quasi inutile dire “per la qualità e l’intensità dell’interpretazione”, ma non lo è. La retrospettiva sugli Studi di Heitor Villa-Lobos, seguita dallo splendido Preludio e Fuga 539 di Johann Sebastian Bach trascritto dal Maestro per chitarra (originariamente era per organo) e da una serie di pezzi di Ganesh – “Pioggia nel giardino” (un articolato e polisensoriale studio sul tremolo) e due nuovi pezzi della serie inedita “Paesaggi sonori” -, ha disegnato un arco completo di mente, cuore, visceralità e puro spirito.

Passando dall’essenza più profonda della classicità senza tempo di Bach – giustamente nella parte centrale del programma -, si è partiti dalla ricchezza passionale e melodico-sperimentale degli studi di Villa-Lobos (tra i quali spicca il n. 1, in mi minore, “figlio” del Preludio BMW 999 in do minore di Bach), fino ad arrivare alla sintesi di tutti questi elementi in chiave ulteriormente moderna e densa di una carica meditativa a mio avviso senza eguali dei “Paesaggi sonori”.

Qui, anche grazie a un’accordatura diversa, Ganesh Del Vescovo ha estratto dal suo strumento (il secondo suonato durante la serata, costruito dal Maestro liutaio Antonio Scandurra) un intero mondo, un vero paesaggio musicale, perché si tratta di un’articolata visione interiore. La musica di Del Vescovo sa descrivere e raccontare senza parole, suggerendo direttamente i significati che evoca attraverso le note, i fraseggi, i percorsi melodici, la ritmica e le suggestioni armoniche (v. anche qui e qui).

Ganesh Del Vescovo

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Traduzioni e rispetto

TRADUZIONI E RISPETTO

Tra ieri e oggi, facendo lo slalom fra la traduzione del romanzo francese in corso e la scrittura del romanzo La via dell’altrove, ho ripreso la pratica dello svedese e del polacco ascoltati e parlati, mediante canali Youtube dedicati e conversazioni via Skype con amici madrelingua che vivono all’estero. Una sana abitudine da me acquisita nell’osceno periodo dei lockdown – forse l’unica cosa buona che ne abbia ricavato, oltre alle tante pagine scritte in quei mesi a questo tavolo (v. prima foto).

Traduzione tavolo

Così ho riflettuto su come, per le lingue, valga la stessa cosa che vale per la chitarra classica: le “regole” contano, ma senza la pratica (dei pezzi come delle conversazioni della vita reale) servono a poco. O meglio, possono bastare per tradurre, un po’ come quando al liceo si facevano le versioni di latino e greco antico (lingue puramente teoriche), ma non per vivere. Perché le lingue, come la musica, sono cose vive. E, in definitiva, anche la traduzione, come la scrittura, beneficia moltissimo dell’abitudine di parlare gli idiomi che ne sono oggetto: il risultato è più naturale, perché entri maggiormente nello spirito dell’ambiente da cui quel testo proviene.

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Viaggiare leggendo (e scrivendo)

VIAGGIARE LEGGENDO (E SCRIVENDO)

Viaggiare leggendo è uno dei refrain estivi più consolidati, benché messi alla prova dalle pigrizie tecnologicamente indotte degli ultimi dieci-quindici anni. Eppure, col ritorno alla vita dopo la triste stagione pandemica, si percepisce come le persone lo desiderino, esattamente come desiderano vedere i posti, viverli e incontrarci altra gente. Nel corso delle prime presentazioni di Da luoghi lontani (Arkadia Editore) in giro per l’Italia, ho avuto modo di sentirlo con chiarezza.

Viaggiare leggendo

Da Senigallia a Firenze, da Vercelli a Torino, da Barga a Urbino, ho percepito nitidamente come spostarsi e toccare (perché mi riferisco proprio al libro cartaceo, oggetto gradevolissimo come forma e consistenza, ancor prima che per i contenuti) fossero proprio le cose che più ci mancavano.

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