Ganesh Del Vescovo in concerto al “Lyceum” di Firenze

GANESH DEL VESCOVO IN CONCERTO AL “LYCEUM” DI FIRENZE

Il concerto di ieri del Maestro Ganesh Del Vescovo al Lyceum Club Internazionale di Firenze è stata l’ennesima, poderosa rivelazione della grandezza della sua musica. E non prendetela come l’entusiastica affermazione di un allievo e amico, quale sono, del musicista e compositore. È semmai il parere sentito e consapevole di una persona che, anche per propensione artistica e professionale, ha nel suono il fondamento del proprio lavoro di scrittore e traduttore letterario.

Ganesh Del Vescovo

Il programma, che vedete nella foto, aveva una struttura interessantissima, che partiva dal Novecento con alcuni pezzi semplici ma dalle armonie magnetiche di Stravinskij, per poi passare attraverso un percorso di musiche rinascimentali e barocche, tra Lully (rivisitato da De Visée), Domenico Scarlatti e Girolamo Frescobaldi, trascritte dallo stesso Maestro Del Vescovo e da lui interpretate con diverse chitarre, tra cui la famosa Ramírez del Maestro Álvaro Company (colui che “scoprì” Ganesh ancora ragazzo) e una splendida “chitarra d’amore” a 8 corde accordata in fa diesis. Queste esecuzioni trascinavano in una dimensione antica e carica di risonanze di luoghi primigeni, preparando alla seconda parte del concerto, con gli straordinari quattro Paesaggi sonori, gli ultimi e per me più bei pezzi di Ganesh Del Vescovo.

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Beatles, sogni e poetica

BEATLES, SOGNI E POETICA

Ieri notte ho fatto un sogno che collima con qualcosa che compare nel mio nuovo romanzo in corso di stesura, La via dell’altrove, e per la precisione (l’ennesima sincronicità) nel capitolo che oggi ho rielaborato battendolo al computer. Ovvero, il palazzo di Via Bezzuoli, a Firenze in zona Isolotto, dove ho abitato fino ai dieci anni di età (lo vedete nello screenshot che ho estratto da GoogleMaps) – e che pure ricorre in uno dei libri ancora inediti che ho finito quest’anno, il post-distopico Storia di uno straniero.

Beatles

Nel sogno salivo in ascensore insieme niente meno che ai Beatles. O meglio, a John Lennon, Paul McCartney e George Harrison (Ringo Starr avrà avuto da fare). Va detto che la sera prima avevo rivisto parte del documentario John Lennon a New York, ma vabbè.
Il punto è che dicevo loro che, pur considerandoli dei geni (paragonavo tipo John a Leonardo da Vinci e Paul a Michelangelo), il mio preferito era sempre stato George Harrison (ricordo qui il bellissimo articolo a lui dedicato da un altro Leonardo, l’amico Masi, su Postpopuli). E in effetti è vero.
John ci rimaneva un po’ male, mentre a Paul non sembrava fregare in modo particolare. George taceva dignitosamente.
Poi entravamo in casa e mia madre ci preparava una merenda, come ai vecchi tempi (e come ricordo pure nel nuovo romanzo).
Fine del sogno.

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Londra tra fumo, ricordi e avvenire

LONDRA TRA FUMO, RICORDI E AVVENIRE

Ieri ho visto per la prima volta per intero Fumo di Londra, il primo film da regista di Alberto Sordi, del 1966. Una commedia leggera e sottilmente amara, forse un po’ povera nella sceneggiatura ma intrisa di grande atmosfera (anche grazie alla splendida colonna sonora di Piero Piccioni e Bruno Nicolai) e di un senso di decadenza in atto, già colta quando la “Swinging London” era in pieno fervore – Sordi, del resto, è spesso stato “profetico” nella sua produzione da regista, basti pensare a film come Detenuto in attesa di giudizio e Tutti dentro, tanto per menzionarne due.

Londra

Ma, soprattutto, il film mi ha riproiettato nel cuore di un’Inghilterra che, dopo averla rivisitata (e vista cambiata) l’anno scorso, a distanza di molti anni dal mio programma Erasmus, ho riconosciuto come uno dei miei luoghi d’elezione, anche se sempre un passo dopo l’Irlanda, come sapete. E quel mélange specifico di entusiasmo vitale e malinconia Sordi nel film li ha colti alla perfezione, anticipando perfino lo “spirito Erasmus”, sia pur attraverso gli occhi di un uomo adulto e giunto a quell’euforia esistenziale ormai non più ragazzo.

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