Beatles, sogni e poetica

BEATLES, SOGNI E POETICA

Ieri notte ho fatto un sogno che collima con qualcosa che compare nel mio nuovo romanzo in corso di stesura, La via dell’altrove, e per la precisione (l’ennesima sincronicità) nel capitolo che oggi ho rielaborato battendolo al computer. Ovvero, il palazzo di Via Bezzuoli, a Firenze in zona Isolotto, dove ho abitato fino ai dieci anni di età (lo vedete nello screenshot che ho estratto da GoogleMaps) – e che pure ricorre in uno dei libri ancora inediti che ho finito quest’anno, il post-distopico Storia di uno straniero.

Beatles

Nel sogno salivo in ascensore insieme niente meno che ai Beatles. O meglio, a John Lennon, Paul McCartney e George Harrison (Ringo Starr avrà avuto da fare). Va detto che la sera prima avevo rivisto parte del documentario John Lennon a New York, ma vabbè.
Il punto è che dicevo loro che, pur considerandoli dei geni (paragonavo tipo John a Leonardo da Vinci e Paul a Michelangelo), il mio preferito era sempre stato George Harrison (ricordo qui il bellissimo articolo a lui dedicato da un altro Leonardo, l’amico Masi, su Postpopuli). E in effetti è vero.
John ci rimaneva un po’ male, mentre a Paul non sembrava fregare in modo particolare. George taceva dignitosamente.
Poi entravamo in casa e mia madre ci preparava una merenda, come ai vecchi tempi (e come ricordo pure nel nuovo romanzo).
Fine del sogno.

Non posso non prenderlo come un suggerimento o un incoraggiamento di poetica, visto che i Beatles sono presenti in tutti e quattro i libri compresi nella mia tetralogia Internet. Cronache della fine, ispirandone parte della trama, e di John ho sempre apprezzato la forza corrosiva, di Paul la bellezza melodica e di George la vena romantica. E, soprattutto, perché i Beatles erano prima di tutto amici, e proprio dal documentario di ieri sera veniva fuori come, anche dopo lo scioglimento del gruppo, si vedessero periodicamente per parlare del più e del meno, come se si fossero incontrati solo pochi giorni prima. E questo è il rapporto che amo avere con i miei colleghi e con tutti. Pochi fronzoli, amicizia (quando c’è) e franchezza, anche se ognuno segue giustamente la sua strada. È così che capita di fare delle belle cose insieme, come Da luoghi lontani, che infatti è il frutto di una grande amicizia con Carlo Cuppini e Sandra Salvato.

Ah, per la cronaca, mentre ero al mare, giorni fa, avevo sognato di trovarmi accanto a un Dave Gahan (dei Depeche Mode) agghindato un po’ come l’oggi ottantenne e sempre fortissimo Shel Shapiro, che dormiva profondamente e sembrava morto. Lo scuotevo appena e lui si svegliava per poi mettersi in cammino.

Grazie a lui avevo capito, ripensando alla più celebre canzone dei Depeche Mode, che “All I ever wanted, all I ever needed is here, in my arms”.