STAVANGER IMMAGINATA DA PONTE A GREVE
Ieri sera, approfittando dell’unico fresco che l’estate (sempre, e non solo quando piace ai TG) regala in quel di Firenze in agosto, cioè dopo le 20, sono andato a fare il mio solito giro per Ponte a Greve e dintorni. La differenza è stata che l’ho fatto pensando all’organizzazione del prossimo viaggio in Norvegia, durante il quale, il 28 agosto, incontrerò i soci e lettori della Società Dante Alighieri di Stavanger, ridente cittadina nel sud-ovest del paese, dove tra l’altro vive la sorella della mia compagna Agnieszka, purtroppo mancata quasi quattordici anni fa.

Sarà stato questo pensiero, sarà stata la luce speciale del crepuscolo, che ho cercato di immortalare col mio cellulare in queste foto, ma mi sono venute in mente tante cose, che in buona parte hanno a che fare con quello che ho sempre scritto e sto ulteriormente elaborando nei miei nuovi lavori di narrativa. Le strade del mio quartiere, a metà tra il comune di Firenze e quello di Scandicci, avevano come non mai il sapore dell’Ognidove a cui mi richiamo spesso, o anche di una Terra di Mezzo sospesa tra tanti viaggi.

In particolare, mi è venuto in mente l’unica altra mia visita in Norvegia, risalente all’agosto 2007, quando toccai Oslo, Bergen e Tromsø (in quel caso mancava Stavanger), venendo ispirato proprio da Tromsø (la cosiddetta “Capitale artica”) per la parte finale di Sentieri di notte e l’inizio de La casa degli anonimi – rispettivamente il primo e il terzo atto della mia tetralogia distopica Internet. Cronache della fine. Non solo, ma anche Bergen e la stessa Oslo, e in particolare il suo quartiere di Grünerløkka, mi ispirarono a scrivere un capitolo intitolato “La via del Nord” che sarebbe dovuto rientrare nel mio memoir di viaggio Berretti Erasmus, ma poi finì per esserne escluso, insieme ad altri scampoli di peregrinazioni nordeuropee, semplicemente per sovrabbondanza di materiali. Guarda caso, tra pochi giorni alloggerò proprio a Grünerløkka, il che mi fa pensare che un filo narrativo rimasto sospeso esiga di essere ripreso.

E non finisce qui: chi mi ha letto sa che Berretti Erasmus inizia con una passeggiata lungo il torrente Greve (qui ritratto in una foto), appunto nel mio quartiere. Quindi, che mi siano venuti in mente questi pensieri proprio ieri durante la mia passeggiata non è certo una banale coincidenza. Con una differenza, che è anche il motivo per cui qui, adesso, non posso postare foto della Norvegia risalenti ad allora. Al tempo, infatti, non avendo uno smartphone e privilegiando gli appunti di viaggio rispetto alle immagini, non scattavo foto. Oggi, senza dubbio, la mia memoria e la mia capacità di documentazione delle impressioni di viaggio hanno un’importante freccia in più al loro arco. Infatti l’incontro presso la Società Dante Alighieri di Stavanger, imperniato proprio sul tema del viaggio, sarà accompagnato da una carrellata di mie foto dei vari luoghi, italiani e non, in cui sono stato per varie residenze letterarie e/o sono ambientati i miei libri, compreso il romanzo Viale dei silenzi, che spesso accosta luoghi europei a ricordi di Firenze.

Insomma, quel primo passaggio in Norvegia segnò un po’ la fine della fase “analogica” della mia vita, ma fu anche l’ultimo di una lunga serie di viaggi da solo – che poi sarebbero confluiti, appunti, in Berretti Erasmus. Ricordo che fu un po’ un canto del cigno (senza alcun rimpianto, peraltro) anche rispetto a certi rituali di vita “da studente” – penso in particolare a una festa all’Università di Bergen in cui venni coinvolto da due ragazzi romani che alloggiavano nel mio stesso ostello. Fu, cioè, una sorta di confine fluido e invisibile, un po’ come Tromsø con la sua “notte” estiva – appena tre orette di cielo blu scuro dopo le due del mattino -, che mi avrebbe ispirato un passaggio-chiave del finale di Sentieri di notte.

Anche la passeggiata di ieri sera nella mia zona “galleggiante” tra Firenze e Scandicci, a un’ora in bilico tra il giorno e la notte, aveva qualcosa del confine. Dopo tutto, nel periodo degli infami lockdown, qui eravamo un po’ come nel Medioevo, quando le distanze si misuravano tra borgo e borgo, e perfino per attraversare il ponte sul torrente Greve (che vedete nella prima foto) si doveva pagare un pedaggio – così ho sentito dire, almeno – a un gabelliere che se ne stava dove adesso c’è il tabernacolo che nell’immagine è sul lato sinistro. E spingersi fino a Scandicci significava – intendo, durante i lockdown – esporsi a una multa per un’innocua passeggiata all’aperto. Dunque per me fare questo giro igienico non è mai una cosa banale o scontata. È, in sé, il segno di una libertà e di un sacrosanto diritto riconquistati. Così come il viaggiare per l’Europa senza discriminazioni. Da qui la pari importanza che do al “giretto serale” e alle esplorazioni di mondi altri – che in definitiva, però, appartengono allo stesso Ognidove (e Ogniquando) interiore. Non a caso, il tema del confine, come anche quello delle piccole cose come ponti tra mondi ed epoche distanti tra loro, sono al centro del mio nuovo romanzo La via dell’altrove, iniziato in Ungheria durante la mia ultima residenza letteraria.

Con un ultimo pensiero, che corre attraverso ogni mio passo, qui a Firenze come lì, in Norvegia o anywhere else. La nitida consapevolezza della presenza, accanto e dentro di me, delle anime dei miei cari solo fisicamente scomparsi – in testa a tutte, quelle di mio padre e di Agnieszka. Nel 2007 la conobbi pochi mesi dopo quel viaggio in Norvegia. Lo voglio prendere come un buon viatico per questo nuovo passaggio da Oslo, Stavanger (lì in realtà sarà il primo) e Bergen, sempre sulla scia delle corrispondenze e delle consonanze sincronicistiche che reggono questo universo entangled.