Due parole-chiave su cui sto riflettendo molto in questi giorni: “evidenza” ed “equilibrio“. Sono state il filo conduttore (e in parte anche l’esito) della scrittura della parte finale del mio saggio narrativo Voci oltre il buio, che ho da poco terminato (salvo doverlo adesso “limare”) e che è uno dei miei lavori più complessi e decisivi, perché unisce in sé spunti autobiografici e considerazioni di fisica quantistica, psicologia analitica, filosofia e teologia.
La prima stesura della mia traduzione di un nuovo, grande libro di Amir Valle volge gradualmente a conclusione – mentre torno a raccomandarvi il suo romanzo Il santuario delle ombre, uscito l’anno scorso per Golem Edizioni -, e intanto mi appresto a iniziare la traduzione di una splendida raccolta di versi di un altro amico, il poeta faroese Kim Simonsen.
In questo caso si tratterà di una traduzione “mediata”, perché partirò dalla versione inglese della poetessa e traduttrice americana Randi Ward, ma avrò come riferimento “esterno” anche il testo in lingua faroese, che presenta alcune affinità con lo svedese, da cui già traduco, e che potrà contribuire a mettere in evidenza – direi, musicalmente – dei “microtoni” semantici da far affiorare nella versione italiana.
Una cosa di cui abbiamo parlato approfonditamente ieri l’altro sera alla Festa dell’Oasi Forestale di Covigliaio (sull’Appennino tosco-emiliano), organizzata da P.E.S.C.A.S. e da I libri di Mompracem(v. le mie foto), partendo proprio dalle mie traduzioni dallo svedese di Lettere delle piante agli esseri umani di Sanja Särman” e da Träbild. Sussurri da Gotland di Christian Stannow (Ortica Editrice), presentati insieme al volume La foresta è la mia curadi Mauro Batisti (ed. I Libri di Mompracem), è il fatto che la radice di tutta l’espressività naturale, per così dire, è la vibrazione, manifestazione quintessenziale dell’energia in tutte le sue forme. Anche le parole che formano le lingue – ogni lingua – sono formate da vibrazioni, perché sono composte da suoni, e il suono, insieme alla luce, è la più immediata e penetrante forma di energia , a volte estremamente sottile e capace di pervaderci a livelli che non percepiamo immediatamente.
Sono stati tre giorni intensi, quelli della fiera del libro di Firenze, “Testo”, presso la Stazione Leopolda, giunta alla sua terza edizione. Quale lo stato dei lavori, per quanto mi riguarda? Personalmente, l’ho vissuta da scrittore e traduttore, come generalmente vivo le fiere librarie, parlando con amici editori, autori, giornalisti e lettori e traendo da questi scambi l’indispensabile alimento di contatto umano e professionale che contribuisce alla creatività artistica non meno delle dinamiche interiori, delle esperienze artistiche e dei viaggi.
IL SANTUARIO DELLE OMBRE RECENSITO DA FRANCESCO IMPROTA
Su RPLibri è uscita una bellissima recensione del Prof. Francesco Improta del romanzo da me tradotto Il santuario delle ombredello scrittore cubanoAmir Valle (recentemente uscito per Golem Edizioni). Cito l’inizio del pezzo, ringraziando il Prof. Improta per le parole che ha speso sul mio lavoro di traduzione e rimandandovi al sito per la versione integrale:
“Da poco più di un mese è arrivato in libreria, nella sontuosa traduzione di Giovanni Agnoloni, Il santuario delle ombre di Amir Valle, scrittore cubano che attualmente vive e lavora a Berlino. Come si può leggere sul suo sito internet, “Amir non abita (più) a Cuba ma Cuba abita (sempre) in lui”, nel senso che egli è visceralmente legato alla sua terra d’origine e non può prescindere da essa. Non solo i suoi libri, di fiction o di saggistica poco importa, sono ambientati a Cuba ma affrontano anche e soprattutto i problemi e le contraddizioni, le aspettative e le delusioni, la corruzione e le paure di quest’isola caraibica. Ne LePorte della notte, tradotto sempre da Agnoloni e pubblicato in Italia nel 2013, un anno dopo Non lasciar mai che ti vedano piangere, Valle aveva affrontato una delle piaghe peggiori del nostro tempo, la pedofilia spesso contrabbandata sotto l’etichetta, già di per sé disdicevole e vergognosa, di turismo sessuale così diffuso nell’America centrale e meridionale, qui, ne Il santuario delle ombre, denuncia un fenomeno ancora più drammatico: la fuga dei cubani dal regime, nell’illusione di un futuro migliore, che finiscono vittime dei cosiddetti traghettatori che li derubano, li uccidono e li gettano a mare (si parla di oltre 20.000 cubani finiti in questo modo). Alla storia reale, corredata da fatti realmente accaduti e personaggi veramente esistiti, che ha non poche consonanze con le migrazioni verso l’Europa di africani disperati che cercano di sfuggire alla guerra o alla miseria e che spesso diventano cibo per i pesci del Mediterraneo, s’intreccia una vicenda di fantasia, a mezzo tra l’inchiesta giornalistica e il noir.”
Ho appena concluso la seconda stesura della traduzione di Träbild. Sussurri da Gotlanddi Christian Stannow, il romanzo di ambientazione medievale – frutto di una combinazione di racconti concatenati, ambientati sull’isola di Gotland – che uscirà per Ortica Editrice tra il gennaio e il febbraio del 2024, con il sostegno della Fondazione C.M. Lerici, legata all’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma.
Mi sento dunque come non mai addentro a questo universo non solo linguistico, ma favolistico, storico e artistico – dato che tutti questi livelli sono sollecitati da quest’opera profondamente affascinante. E una compresenza di molteplici livelli percettivi e di pensiero anima anche l’altra opera di letteratura svedese contemporanea che ho tradotto quest’anno sempre per Ortica, ovveroLettere delle piante agli esseri umani di Sanja Särman, collazione ragionata di epistole “scritte” dalle molteplici voci del reame vegetale al genere umano, chiuso nella sua ottusità (con qualche replica degli uomini alle piante). Domani, mercoledì 25 ottobre, alle ore 18,30, presenterò questo libro presso il Bistrot Café a Firenze in via Aretina 100 rosso, insieme all’amico scrittore Massimiliano Scudeletti.
Sarà una gradita occasione per scendere ancora una volta nel profondo del mistero della natura, che il libro di Sanja Särman (qui ottimamente recensito dal Prof. Francesco Improta) esalta nella sua polivalenza, perché rilevante non solo da un punto di vista botanico e biologico, ma anche filosofico, spirituale e linguistico. La natura emerge come una sorta di cartina tornasole del mondo, o di superficie fotografica sulla quale rimangono impresse, come in negativo, tutte le dinamiche della storia degli uomini, privata e collettiva.
Credo che questo sia un tratto che accomuna gran parte della letteratura svedese, nonché della cinematografia dei più grandi registi svedesi – su tutti, Ingmar Bergman, che a Fårö, l’isoletta nel nord-est di Gotland su cui si ambienta gran parte di Träbild di Christian Stannow, trascorse gli ultimi anni della sua vita. Il filo conduttore intimo di questa fetta di mondo è, a mio avviso, la sensibilità per, e direi ancor prima la prossimità alla natura. Tutto, compresa la flessuosità della pronuncia della lingua, sa di acqua e, a tratti, di pietra e legno, con le improvvise asperità di qualche suono aspirato o di frequenti suoni consonantici doppi. E tanto il regista, sceneggiatore e scrittore Stannow, che ho appena finito di tradurre, quanto la filosofa e scrittrice Sanja Särman, sanno mettere in evidenza precisamente questa dimensione della mente e dello spirito (fedelmente riflessa dalla lingua), che – guarda caso – è centrale anche per me, che nella resa italiana ho cercato di rispettarla al massimo. Anche perché proprio a Gotland, nel 2016 (come ricordo nell’ultimo capitolo del mio libro Berretti Erasmus), durante una residenza letteraria a Visby presso il Baltic Centre for Writers and Translators, ebbi modo di entrare in contatto tanto con Träbild, che mi fu donato in occasione di una visita alla tipografia Malmgrens di Fårö insieme all’amico Peter Wingquist, quanto con la stessa lingua svedese, di cui a Visby presi le prime tre lezioni.
Vi aspetto dunque domani a Firenze, e intanto colgo l’occasione per segnalarvi la bellissima intervista che Manuela Fontenova – che ringrazio molto – mi ha fatto per GialloeCucina, nella quale, partendo dal mio lavoro di traduttore, si va in realtà molto più in profondità e in estensione su tutta la mia attività letteraria.
Questa settimana ci saranno ben tre appuntamenti letterari di seguito, tra venerdì e domenica, che mi vedranno co-protagonista come traduttore di un libro tra i più speciali di cui mi sia occupato in tutta la mia carriera: Lettere delle piante agli esseri umani di Sanja Särman, un’autrice svedese (o meglio, sino-svedese) che è prima di tutto una filosofa e un’artista, e che, con quest’opera breve ma straordinariamente intensa, scende nel segreto stesso del “pensiero” delle piante, ovvero nel nucleo di quella vibrazione naturale con cui gli esseri umani cercano goffamente di relazionarsi – salvo provare a soffocarla quando miseramente falliscono.
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