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Intuizioni narrative (e non)

INTUIZIONI NARRATIVE (E NON)

Intuizioni

Piccola considerazione, ma per me importante in questo tempo di chiarimenti e di svolte. Sapete (o, se non lo sapete, ve lo dico ora) che non costruisco mai a tavolino le trame dei miei libri, ma aspetto che mi si rivelino via via che procedo. Così facendo ho messo su una quadrilogia molto articolata (Internet. Cronache della fine, Galaad Edizioni), ma in cui, come per miracolo, alla fine tutto è chiaro e si ricollega al resto.

Oggi, lavorando al mio romanzo post-distopico, mi sono reso conto di come le idee che vengono per una trama che attinge dal profondo siano coincidenti – o comunque consonanti – con le chiare intuizioni che, in un processo di autoconoscenza, arrivano a illuminare momenti della nostra vita su cui aleggiavano ancora dei punti di domanda. A un certo punto ti sembra tutto di una nitidezza disarmante, e quasi ti chiedi come tu abbia fatto a non capirlo prima.

Scrivere è più o meno la stessa cosa: lasciare che la storia suggerisca essa stessa le risposte, che i personaggi si manifestino e rivelino chi sono (un po’ come quando, scrivendo il suo capolavoro Il Signore degli Anelli, Tolkien “vide” Grampasso-Aragorn nella locanda del Puledro impennato) e seguire questo flusso con la calma e la fiducia dell’artigiano o del musicista che affina una tecnica.

In fondo, è così anche il tradurre: spesso, infatti, capita di “vedere” subitaneamente la traduzione perfetta per un termine rimasto lì in sospeso a decantare, magari per giorni interi. E il “solitario” (che in realtà, qui, è un dialogo a più voci) viene bene.

Spero che questo vi arrivi come un messaggio di fiducia, applicabile a ogni ambito artistico e professionale (e non solo). Tutto è uno, e la vita che viviamo è sempre in risonanza con il nostro mondo interiore.

P.S.: se vi interessa approfondire le tematiche tolkieniane, vi raccomando la raccolta di studi da me curata, in edizione bilingue italiana e inglese, Tolkien. Light and Shadow (Kipple Officina Libraria). La copertina è un dettaglio di un quadro di mio padre Giorgio Agnoloni.

Intuizioni

Leggerezza e profondità

LEGGEREZZA E PROFONDITÀ

Leggerezza

Mi trovo a lavorare in contemporanea al romanzo post-distopico a cui ho già fatto cenno in un precedente articolo e al sequel di un mio giallo ambientato per lo più in Maremma, in luoghi a me cari per belle vacanze trascorse e amicizie fatte. E mi sto rendendo conto di una cosa: è fondamentale associare sempre alla ricerca interiore e alla dimensione del Profondo la consapevolezza e il piacere della Superficie.

Senza questo radicamento a terra e senza la percezione delle cose piacevoli della vita, è impossibile affrontare le difficoltà e completare le traversate del buio che a volte si verificano nel corso della nostra esistenza.

Forse è il principio stesso del Tao a comportarlo, ma indubbiamente, per me è essenziale modulare continuamente tra tonalità minori e maggiori, tra serio e “leggero”, pur sapendo bene che gran parte di quella “serietà” si riflette nella normalità quotidiana, e gran parte di quella leggerezza è inzuppata nei drammi passati, e da essa è rinata.

Giusto per restare in questa chiave, ecco una breve citazione dal mio precedente romanzo Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa (Fusta Editore), che univa appunto queste due componenti.

“Mi sembrava di trovarmi su un confine non solo geografico, ma soprattutto interiore. Vedevo, in quella panca di pietra su cui ero seduto, col mare appena mosso davanti a me e il tra- monto che avanzava, una tranquilla simbologia: come il segno, non cercato ma spontaneamente trovato, che stavo morendo a qualcosa per rinascere a una nuova dimensione.

(…)

Anni dopo, in un saggio sulla meditazione di consapevolezza, avrei trovato una citazione che più o meno diceva: «Solo chi muore continuamente a se stesso è veramente vivo, e anche quando muore non muore davvero». Fino ad allora mi ero affannato a cercare il “divertimento”, mentre adesso stavo iniziando un percorso di ricerca intima e un dialogo profondo con i luoghi.”

(pag. 49)

Terzo occhio e scrittura

TERZO OCCHIO E SCRITTURA

Terzo occhio

Ieri riflettevo con un ottimo amico e collega – oltre che “compare” di percorsi meditativi – sull’importanza del Sé vs. Ego nel dedicarsi a una disciplina artistica, quale ad esempio la scrittura. Va infatti di moda, o almeno spesso è così, il personaggio figo, ganzo, “simpa”, con modi “renzovoleggianti” (ogni riferimento…), ma il più delle volte, poi, se scavi ti rendi conto che sotto c’è poco. O almeno, magari c’è un grande nozionismo e un’accattivante simulazione di profondità, ma manca appunto questa, la profondità, e dunque l’autenticità della ricerca – e dell’espressione – del Sé, la radice dell’identità, che poi è quella che inevitabilmente raggiunge il fruitore dell’opera artistica e crea ponti che resistono alla prova del tempo.

Naturalmente siamo tutti fallibili e umani, dunque portati a indulgere in stati d’animo autocompiaciuti e a cercare l’approvazione degli altri. E parte di ciò è anche commercialmente utile. Però credo che uno dei punti fermi a cui chiunque si dedichi all’arte deve opportunamente richiamarsi è che ogni “tradimento” rispetto alla funzione ideale dell’Arte stessa – che è l’incontro col Sé e l’apertura fattiva all’orizzonte dello Spirito (anche per chi non è credente) – porta con sé un kharma.

In altre parole: il “ganzino” o la “ganzina” di turno fa ciò che fa per una fondamentale carenza di autostima, e dunque per una pregiudiziale negativa che è IL principale ostacolo alla realizzazione della propria vocazione. Quindi crea le premesse per il proprio fallimento spirituale (anche se magari, nell’immediato, “raccatta” di più – come spesso capita ai ganzini anche nelle faccende sentimental-erotiche) Voglio dire: per quanto abbiamo ognuno un talento specifico, e questo non vada nascosto, il vero senso di ciò che scriviamo si esplica quando ci rendiamo tramiti e, anziché aggiungere, sottraiamo.

La sfida più grande sta in questo: lasciar parlare lo Spirito e fidarci del nostro terzo occhio.

Iniziare un romanzo

INIZIARE UN ROMANZO

Iniziare un romanzo

Oggi inizio a dedicarmi seriamente a un romanzo che ho in gestazione da qualche mese. Iniziare un romanzo è il passo più importante. Soprattutto se, come nel mio caso, è un romanzo del dopo. Per la prima volta mi trovo a scrivere un libro post-distopico. In altre parole, un libro sulla vita che ricomincia. È uno scopo che mi sono prefisso in questi ultimi mesi. La vita sta ripartendo, ed è giusto iniziare a pensare in un altro modo. Anzi il modo, che nasce da dentro, dal Sé, e che quindi racconta come questo si esplica nel mondo.

Una delle cose più difficili, credo, è raccontare la normalità senza risultare banali. La narrativa contemporanea è in genere basata o sull’uomo in crisi – che finora ho ampiamente esplorato in tutta la mia produzione – o sulla contemplazione del “quotidiano”, raccontato pedissequamente e senza alcun magnetismo. Da qui la mia scommessa, di segno opposto: addentrarmi, con questo nuovo libro, nei territori quotidiani, per snidarvi precisamente quella misura di sorpresa, di ricerca e di miracolo che in effetti c’è, al suo interno. E questo sia per effetto dei fattori energetico-spirituali che vi albergano e che pure sono al centro della mia indagine, sia per le tracce di risposte che la quotidianità contiene rispetto a misteri del passato e a nuove possibili prospettive di sviluppo.

Il presente, di fatto, è l’unica cosa che esiste, se è vero che il tempo, nelle equazioni più avanzate della fisica quantistica, in definitiva non esiste, come ben spiega Carlo Rovelli ne L’ordine del tempo (ed. Adelphi). Dunque dobbiamo esplorare questo presente per renderci conto di come in esso sia racchiusa quella misura di elettricità che è il segno tangibile della com-presenza dello spirito alla materia, e che è il sedimento di ciò che noi percepiamo come “passato” e il preludio di quello che avvertiamo come “futuro”.

Questa credo essere la cifra – e il luogo – della mia nuova produzione letteraria. Da qui in poi, la musica modula in un’altra tonalità, figlia sì delle precedenti, ma intimamente nuova.

Editing e consapevolezza

EDITING E CONSAPEVOLEZZA

editing

L’editing finale è un’esperienza da un lato spossante, dall’altro risolutiva. Aiuta a diradare dubbi, enigmi impliciti, tautologie della mente. “Individua” (junghianamente) come riesce a farlo solo la meditazione più avanzata, permettendo di scorgere e riconoscere la forma completa degli eventi (come ho scritto nell’incipit di un mio romanzo ancora inedito) e delle cose – ma soprattutto dell’identità personale.

In questi due anni di pandemia ho completato cinque manoscritti, alcuni già abbozzati in precedenza, altri no, quindi gran parte del mio tempo l’ho dedicata proprio alle revisioni (senza contare le traduzioni di libri impegnativi come le autobiografie di Arsène Wenger, Kamala Harris e Joe Biden, oltre alle prime traduzioni serie dallo svedese e dal polacco con cui mi sto cimentando, ognuna delle quali ha comportato e comporta attenti “round” di revisione).

Il piacere che l’editing procura (faticoso, un po’ come quello della ginnastica forte o del podismo) è simile a quello dello studio della musica, in cui, come ben spiegò il Maestro Ganesh Del Vescovo in un’intervista che gli feci per Anticorpi Letterari, ci si esercita costantemente per rendere naturali movimenti che di per sé non lo sono (soprattutto se si parla della mano sinistra della chitarra). Si sgrezza costantemente un diamante, tentando di avvicinarsi al limite (matematico) di una forma “pura”, ovvero “il” suono che ci rappresenta più genuinamente.

In questo senso, somiglia moltissimo anche a un’altra pratica che ho coltivato soprattutto in questi due anni: la conoscenza di sé e l’avvicinamento al Sé. Ogni intuizione, in questo cammino, costa lavoro e anche sofferenze, ma alla fine (che non è mai una “fine”, ma un’apertura) ripaga di un’ineffabile liberazione, superiore a qualsiasi ipotetico sballo o orgasmo (con tutto il rispetto per gli orgasmi, ma non per gli sballi). E’ la famosa apertura del “terzo occhio”, la vista spirituale, lo sguardo intuitivo del Sé, di cui parlava Padre Anthony Elenjimittam nei suoi scritti che in questi giorni ho spesso condiviso.Credo che tutto stia qui, ivi inclusa la chiave per trovare e percorrere la propria strada in questo mondo difficile.

Raccolta di racconti o “concept book”?

RACCOLTA DI RACCONTI O “CONCEPT BOOK”?

Raccolta di racconti

Oggi leggo un’ultima volta, prima di consegnarla, la raccolta di racconti – ma dovrei dire il “concept book” – che ho scritto insieme a Sandra Salvato e Carlo Cuppini, due colleghi e amici con i quali ho una sintonia speciale. Uscirà e la troverete in libreria nei prossimi mesi, e credo che toccherà diverse vostre corde profonde (con noi lo ha fatto).

Non anticipo nulla, ovviamente, ma mi limito a dire che la conclusione di questo lavoro, iniziato ormai tre ani e mezzo fa, arriva in un momento per me altamente significativo: quello in cui si lascia andare una visione del mondo e se ne apre un’altra, radicata nel Sé; e in cui ciò che futilmente prima contava smette di “premere”, e si prende atto che l’Essenza viaggia su frequenze più alte.

Aggiungo solo una cosa: l’epigrafe tratta da Il Tao della fisica di Fritjof Capra, che l’autore ci ha gentilmente concesso di usare per il nostro libro. Sintonia splendida, anche quella con lui, che si è creata per una di quelle coincidenze che non sono coincidenze, ma magnetiche condivisioni.

“Il mondo naturale (…) è un mondo di varietà e complessità infinite, un mondo multidimensionale che non contiene né linee rette né forme perfettamente regolari, nel quale le cose non avvengono in successione ma tutte contemporaneamente; un mondo in cui – come ci insegna la fisica moderna – persino lo spazio vuoto ha una curvatura.”

(Fritjof Capra, Il Tao della fisica, traduzione di Giovanni Salio, Milano, Adelphi, 1989, pag. 31)

Nelle prossime settimane vi terremo aggiornati, e naturalmente poi seguirà l’annuncio ufficiale. Per il momento vi teniamo un po’ sulle spine e vi invitiamo a seguirci su tutti i nostri canali.

Nel frattempo cercherò – per quanto mi riguarda – di condividere con voi, come sempre faccio vari aspetti del mio processo creativo (anche relativo ad altri lavori).

Internet Cronache della fine su TVL Pistoia

Internet Cronache della fine (Galaad Edizioni), la raccolta della mia quadrilogia distopica, è stata ospitata su TVL Pistoia, nella trasmissione “Giallo Pistoia”, condotta da Giuseppe Previti e Maurizio Gori, che mi hanno intervistato sul mio volume.

Internet Cronache della fine

Nel corso di questa bellissima puntata, abbiamo toccato tutti i temi più importanti della mia produzione distopica, o almeno di quella del decenni appena conclusosi, riunita in Internet Cronache della fine: dalla società del controllo al rapporto dell’uomo con la città e con la natura, dalla nebbia della non-conoscenza alla possibilità – e necessità – di ricentrarsi nella consapevolezza di sé, dalla Rete come strumento di potere alla rete di energie sottili che collega spiritualmente l’uomo al creato e ai livelli superiori, e dai luoghi come personaggi alla genesi dei personaggi all’interno di quei luoghi.

Grazie ancora agli intervistatori e allo staff di TVL! Ecco il video della puntata:

Pessimismo? No, grazie

PESSIMISMO? NO, GRAZIE

Recentemente mi è capitato di interagire con vari amici, colleghi e anche persone che prima non conoscevo, particolarmente (e comprensibilmente) avviliti e portati a coltivare il pessimismo.

Pessimismo

Come ho sempre detto – anche nell’antologia a cura di Giulio Milani Noi siamo l’opposizione che non si sente (Transeuropa, 2021) -, ribadisco pure qui che è un atteggiamento controproducente. Serve soltanto a rendere la vita più facile ai sistemi di potere antidemocratici e criminali, che anzi alimentano il pessimismo con filoni della controinformazione abilmente pilotati, che dicono che tanto non c’è via di uscita, che andrà sempre peggio, che “sono tutti uguali”, che “è già tutto deciso”. Così la gente si scoraggia, non vota, non protesta e si arrende.


Dobbiamo mantenere la lucidità e la capacità di vedere e apprezzare i dati positivi e incoraggianti che CI SONO, soprattutto in questo momento. Non tanto qui o in Francia, lo riconosco. Ma si tratta di due paesi (insieme all’Austria) sempre più isolati, e che non potranno insistere a lungo su questa strada. La riscossa è partita, la verità sta venendo fuori e la libertà sta iniziando a tornare, come dimostrano Spagna, Irlanda, Regno Unito, Messico, molti stati degli USA, per non parlare di realtà come quella polacca, dove di restrizioni folli e antiscientifiche come quelle italiane non si è mai sentito parlare (o, se in parte ve ne sono state, la gente le ha giustamente boicottate).


Siamo prossimi a un possibile punto di svolta, che potrebbe avere nell’elezione di un capo di stato inaspettato (o inaspettata) un momento-chiave, possibile preludio alla fine di un governo tra i peggiori della storia repubblicana. Teniamo duro, e continuiamo a rimanere coerenti nel difendere la Costituzione e nell’ignorare le norme in contrasto con essa, riservandoci di adire tutte le istanze giudiziarie in caso di sanzioni. Così si combatte la discriminazione finalizzata al controllo. Così si risorge.


E


Mantenere sempre un atteggiamento positivo, coltivare la meditazione, la preghiera, l’alimentazione sana, l’amore, il sano esercizio fisico, tutto ciò che è passione e vocazione. E diciamo NO al pessimismo. Basta la realtà di fatto per sperare. E la speranza non è mai morta, nemmeno quando Hitler era all’apice del potere – e infatti poi è caduto.


Per coloro che hanno problemi di soldi, capisco, adesso è dura, e non li giudico se devono scendere a compromessi. Ma li invito comunque a resistere e a ricorrere per vie legali. E soprattutto facciamo tutto il possibile, almeno noi che possiamo permettercelo, per non prestare il fianco a un sistema contrario a ogni buon senso.


Ricordiamo la lezione di Gandhi, e cerchiamo di viverla con la centratura che ci hanno insegnato figure come Thích Nhất Hạnh, ma soprattutto come il troppo spesso dimenticato Gesù Cristo. Ci sia di insegnamento il Suo atteggiamento nel deserto, quando fu tentato dal demonio ma si rifiutò di dialogarci.

Luigia Sorrentino, “Piazzale senza nome”

LUIGIA SORRENTINO, “PIAZZALE SENZA NOME” (SAMUELE EDITORE)

Qualche giorno fa, sul blog Lankenauta, è uscita la mia recensione di Piazzale senza nome (Samuele Editore), la nuova silloge poetica di Luigia Sorrentino. Ne riporto qua sotto la parte iniziale, cogliendo anche l’occasione per ricordare che Luigia è la fondatrice e amministratrice dell’ottimo blog “Poesia, di Luigia Sorrentino”, che adesso sta lottando per rimanere aperto e al quale va tutta la mia solidarietà. Nel tempo, Luigia ha sempre sostenuto il mio lavoro, e con lei ho una speciale intesa umana e artistica.

Luigia Sorrentino

“La poesia di Luigia Sorrentino è sempre stata caratterizzata da un’osservazione analitica delle pieghe dell’animo umano, capace di scendere a tale profondità da risvegliare e interpellare i suoi archetipi di fondo – quelle matrici essenziali del suo carattere che spesso schermano e ingabbiano la sua vera identità, impedendogli di spiccare il salto verso la realizzazione del Sé (ovvero il miglior potenziale individuale). Una di tali matrici, e delle più forti, è il dolore – insieme alla paura dello stesso. Piazzale senza nome, la nuova silloge dell’autrice, è un’esplorazione di questi territori condotta “senza anestesia”. Alternando testi in versi a brevi prose liriche, entrambi evocativi di momenti di strazio e di prova, conduce attraverso una sorta di itinerario guidato – in effetti, la si potrebbe vedere proprio come una sorta di meditazione guidata – nelle nicchie di tormento che l’essere umano cerca sempre di evitare, ma che solo venendo guardate in faccia possono essere portate a consapevolezza e smettere di bloccarlo nella sua evoluzione.

deve andare
mani abbandonate e sole – il polso
non si sente più –
il respiro precipita nel vuoto
la corsa chiude il suo ritorno

stringergli la mano

nella calma materna
corre tutta la vita

(pag. 21)

E poi:

il fazzoletto di lino imbevuto
nell’acqua, il dito passato
sulle labbra
lo abbevera oscenamente l’antico
silenzio di notti affamate

nel compiersi della fine
l’emergenza è un corteo di torture

(pag. 22)

E ancora:

gli ultimi gesti
sconfinano nella gravità
sempre più giù

la testa contro il petto
impressa sul torace la faccia
l’ultima vena si è fermata

morire con gli occhi offuscati
oltre le labbra
compulsiva
sofferenza senza risposta

(pag. 23)

LEGGI IL RESTO QUI

TVL Pistoia su “Internet Cronache della fine”

TVL Pistoia

TVL Pistoia su Internet. Cronache della fine

Splendida recensione di Internet. Cronache della fine (Galaad Edizioni), a firma di Giuseppe Previti, sul suo blog, in vista della registrazione (giovedì) della puntata di “Giallo Pistoia” che riguarderà proprio questo mio libro, e che andrà in onda su TVL Pistoia (canale 11 del digitale terrestre in Toscana, e sennò sul sito dell’emittente) sabato 22 gennaio alle ore 21,30, con repliche domenica 23 alle 17,00 e martedì 25 alle 18,10.

Eccone un estratto:

“GIOVANNI AGNOLONI con INTERNET CRONACHE DALLA FINE ripresenta una serie di temi dalla solitudine alla mancanza di libertà, in presenza di un… Grande Fratello o di chi per esso che ti condiziona esteriormente e interiormente.Sono così riuniti in un unico volume quattro romanzi , SENTIERI DI NOTTE(2012),PARTITA DI ANIME (2014), LA CASA DEGLI ANONIMI (2014) eL’ULTIMO ANGOLO DI MONDO FINITO (2017). Quale lo scopo dell’operazione? Tendere una connessione tra presente e futuro e riportare l’uomo alla sua dimensione più umana. L’autore pubblica il primo romanzo una decina di anni fa quando una Multinazionale europea senza scrupoli ha provocato un collasso energetico oscurando il mondo, e provocando il collasso di internet. La storia ci porta a Berlino, Cracovia, Lucerna dove si svolgono vari fatti.GIOVANNI AGNOLONI descrive con abilità città e personaggi, ma vi è un senso di oppressione comune un po’ a tutti, una sorta di nebbia che non è altro che la cecità degli uomini, portati dallo loro incapacità all’auto-distruzione. Sono storie dove i personaggi hanno sempre qualcosa da ritrovare, anzitutto se stessi. E non sarà facile in un mondo così frammentato e diviso. E anche nel terzo e quarto libro il mondo è sempre più inquietante.
La crisi dei mezzi di comunicazione è sempre più estesa, nella città ora ci sono gli ologrammi che determinano il comportamento delle persone. E nell’ultimo capitolo di questa saga  ritroviamo alcuni dei protagonisti, già comparsi nelle precedenti storie e che girando per il mondo hanno scoperto nuove verità sul tempo politico e sociologico.”

Il resto su www.giuseppepreviti.it