Solitudine (o no?) e scrittura

SOLITUDINE (O NO?) E SCRITTURA

Solitudine

In questi giorni, sospesi tra l’irritazione per i tragici fatti a cui stiamo assistendo e l’allarmante stupidità delle discriminazioni ancora in atto a livello italiano e internazionale (e che la guerra sta rinnovando in forme demenziali), approfondisco ancor più la dimensione dello scrivere in solitudine. In passato mi capitava di farlo anche in luoghi affollati – per lo più in fase di revisione -, ma gli ultimi anni (ivi incluse le fasi di lockdown) mi hanno spinto, o forse costretto, ad apprezzare e valorizzare, in casa o all’aperto, i momenti di silenzio, in cui lasciar parlare la voce interiore e seguire il flusso creativo, del quale sono sempre stato solo tramite – o, in senso molto speciale, traduttore.

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SCRITTURA COLLETTIVA O JAM SESSION?

SCRITTURA COLLETTIVA O JAM SESSION?

Scrittura collettiva

L’esperienza di lavorare a una raccolta di racconti che è un “concept book” (in uscita nei prossimi mesi) a sei mani con due colleghi eccezionali come gli amici Carlo Cuppini, ideatore del nostro progetto, e Sandra Salvato, è in sé straordinaria. Non solo per l’accordo spontaneo che si è creato fin dall’inizio tra le nostre propensioni umane e stilistiche, ma perché rappresenta una forma di scrittura autoriale, sì, ma al contempo collettiva: una sommatoria non casuale di suoni, dove in ognuno dei contributi c’è sì una mano specifica, ma intervengono anche le altre, e formare una concatenazione di testi sorprendentemente consonanti. Me ne rendo conto adesso che siamo alla revisione finale.

In termini musicali, lo si potrebbe definire un terzetto formato da diversi movimenti, o una jam session con assoli specifici e coerenti con la cornice armonica.

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