Idee notturne

IDEE NOTTURNE

Nel mio nuovo saggio narrativo Voci oltre il buio, che ho completato da poco (e che ovviamente è ancora inedito) ho iniziato la mia riflessione partendo dalla difficoltà e spesso dalla pesantezza delle mie notti. No, non sono (più) insonne, per lo meno non nel senso letterale e assoluto del termine. Di notte (oggi) dormo, e spesso anche bene, se non ho sogni troppo agitati o vividi (e vi assicuro che a volte sono dei veri film, tanto che diversi li ho perfino riutilizzati in chiave narrativa nei miei libri, per esempio in Internet. Cronache della fine).

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Uno scorcio notturno di Budapest (mia foto del 2023)

Il punto è che per me è molto difficile andare a dormire, e poi addormentarmi, quando a una certa ora iniziano ad arrivarmi idee e intuizioni l’una dopo l’altra, concatenate tra loro così da formare sequenze che aprono scenari su scenari. E questi scenari riguardano tanto ciò a cui sto lavorando (romanzi, racconti, saggi) quanto i miei percorsi di autocomprensione, che fanno tutt’uno con la mia evoluzione spirituale e le mie stesse esperienze terapeutiche insieme al mio naturopata Andrea Cappelletti.

In altre parole, io di notte – quando le cose girano così – lavoro, o perché scrivo, o perché traduco, o perché leggo e interpreto (libri e dinamiche interiori). E spesso queste cose succedono tutte insieme. Ieri, per esempio, di ritorno dallo splendido concerto del mio maestro di chitarra Ganesh Del Vescovo al Florence Guitar Festival (da lui diretto), con musiche per chitarra e flauto di sua composizione (eseguite col flautista Arcadio Baracchi), mi è successo qualcosa del genere.

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Il Maestro Ganesh Del Vescovo (foto dal suo profilo Facebook)

Non so se sia stata l’intensità dell’ascolto (e visione) del concerto stesso, con percorsi musicali capaci di spaziare dall’etereo al radiante (Radiante è proprio il titolo del pezzo conclusivo, straordinario) e intrisi di una vibrante spiritualità che si fonde alla perfezione con la mia consapevolezza della presenza dello spirito nella materia, o il fatto che sia sopraggiunto mentre, da studente di chitarra, mi sto immergendo nel primo dei tre studi giovanili di cui Ganesh mi ha fatto dono per il mio compleanno, o che il tutto sia coinciso con una nuova tornata di approfondite (ri)letture di fisica quantistica e astronomica – come Quanti di spazio di Jim Baggott e L’altra faccia dell’universo di Luca Amendola), dalle quali mi erano già arrivati spunti decisivi per Voci oltre il buio.

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Il punto è che ieri, forse per la prima in modo così completo, le idee notturne sono arrivate a raffica, e ho visto un sacco di cose con straordinaria chiarezza e ampiezza di prospettive, tanto che mi sento pronto per cominciare il mio secondo saggio su queste tematiche, sospese tra orizzonti della fisica, della musica, della filosofia, della teologia e della stessa linguistica. Ho sempre sostenuto, infatti, che scrivere è tradurre da uno spartito interiore. Be’, lo stesso si può affermare per l’esperienza della creazione musicale – cosa che, da allievo e amico di Ganesh Del Vescovo, posso dire che certamente lui fa nel comporre e interpretare la musica – e in quella del tradurre letterariamente – come mi succede tutte le volte che mi immergo nel testo di un autore o di un’autrice che sento in modo particolare.

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Le idee notturne aprono e risolvono scenari interiori che sono al contempo universali e personali. Mi dicono da dove sono nati certi miei problemi, e mi indicano con mano sicura la strada per risolverli. Con gli anni ho sviluppato – un po’ spontaneamente, un po’ perché l’ho voluto in quanto mi ci sentivo vocato – questa vena che, con termine a rischio di presa di culo (absit iniuria verbis), chiamerei sensitiva. No, non è roba New Age, preciso a beneficio degli onnipresenti jodedores. Si tratta solo (per modo di dire) di un canale di percezione delle energie sottili, che altro non sono (per come la vedo io) che il campo di fondo che tiene insieme l’intero universo, e il cui “segreto” si annida nella struttura più intima dello spazio(tempo), quella descritta dalla teoria che trovo più convincente e affascinante in materia, elaborata da Carlo Rovelli e Lee Smolin e denominata gravità quantistica a loop (ne parlano Baggott nel saggio summenzionato e anche Rovelli ne L’ordine del tempo). Da qui, nucleo di base di tutte le incredibili dinamiche della fisica quantistica – come l’entanglement – vengono a mio avviso le ispirazioni e le intuizioni apparentemente più assurde ma profondamente rivelatrici, come per esempio quelle che presiedono all’esperienza delle sincronicità (a questo proposito, ricordo anche Sincronicità e David Bohm. La fisica dell’infinito di Massimo Teodorani, oltre a Psiche e realtà di Tiziano Cantalupi e Donato Santarcangelo).

Credo che uno certe cose non le scelga, ma siano come doni (e a volte croci) che Dio, il destino o la concatenazione/interrelazione dei quanti di spazio da cui – secondo la suddetta teoria – emerge lo spaziotempo (o magari si tratta perfino di sinonimi), ti mandano affinché tu svolga un compito nel mondo. E ci sono momenti in cui te ne rendi conto in modo inequivocabile, e immediatamente davanti a te si stende, dipanandosi con fluidità, un percorso o piano d’azione che è la tua vocazione tradotta in atto.

Ieri notte, dopo l’intenso lavoro di cui questo articolo dà prova, l’ho visto con chiarezza, un po’ come a Ganesh Del Vescovo successe da ragazzo – l’ha raccontato al nostro incontro di qualche mese fa a Itaca, la residenza letteraria di Paolo Ciampi a Firenze – , quando a casa di sua zia trovò una chitarra con una sola corda e ne rimase folgorato.

Ecco perché ho deciso che il mio nuovo lavoro s’intitolerà proprio Il flusso nelle cose. A partire da qui, si apre una nuova stagione.