Tesoro oltre l’ombra

TESORO OLTRE L’OMBRA

Credo che una delle frasi letterariamente più viscerali e rivelatrici di tutta la tradizione occidentale sia contenuta nel Vangelo di Matteo, al capitolo 13 (52):

“Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.”

Poche volte, assistendo alla messa come ieri (perché non sono uno di quegli scrittori che si vergognano della propria fede, ché a dichiararla “si rischia di passare da fessi”, come una volta ebbe a dire un noto editor a un evento a cui partecipavo), ho sentito una frase risuonare con me con tanta forza. È stato così proprio perché scrivo, e perché ho capito che quel tesoro – che è il “Regno dei Cieli” – è la centratura nel Sé di cui parlo sempre. E da quel tesoro, che si annida oltre l’Ombra – di cui uno scrittore (come tutti, del resto) non deve aver paura – scaturiscono nuove visioni inevitabilmente legate alle radici ancestrali dell’essere, alla sapienza originaria trasmessa dal “passato”, in un continuo afflato creativo – anche perché, sulla scala ultima delle cose (che è quella dalla quale lo spirito agisce nella realtà macroscopica), il tempo non esiste.

Tesoro

Precisamente questo centro disperde l’ombra e la suprema distrazione, ovvero il rimanere invischiati (ne so qualcosa) in rancori, rabbie e paure correlate. In quell’ininterrotto “attingere da” e “riversare nel mondo” sta l’azione concreta del divino-in noi.

Quindi incazzarsi e inacidirsi serve a poco, anzi soffoca questo costante germoglio. Come sempre, le parole illuminanti dell’amico Don Marco Cioni, nella sua omelia, hanno messo in luce questi significati. Tanto che ho sentito che è il momento di riprendere a scrivere – tra le varie cose di cui vi sto parlando in questi giorni – il saggio narrativo sulle mie esperienze spirituali (anche in ottica filosofico-scientifica, per vari riferimenti alla fisica quantistica e alla psicologia che vi sono contenuti), intitolato Voci oltre il buio, che avevo momentaneamente accantonato per occuparmi in primis del progetto di romanzo La via dell’altrove, iniziato durante la recente residenza ungherese, e che pure va avanti. E Don Marco sa che il destinatario della dedica sarà proprio lui, che ancor prima che un prete è un uomo capace di sintonizzarsi con l’anima di chi ha davanti – e quindi, in un senso molto speciale, un terapeuta.

Perché torno spesso su questi temi filosofici, senz’altro meno “di grido” rispetto alla politica, alla (ampiamente enfatizzata) crisi ambientale, alla guerra e tutto il resto che attira Like e commenti? Perché tutto quello passa e poi ritorna senza che la gente abbia capito né le verità mondane che ci stanno sotto, né, soprattutto, le questioni più sottili ed essenziali che sono sottese alla realtà delle cose. Mentre queste restano il punto imprenscindibile – il tesoro, appunto -, che quando c’è cambia completamente la visione del mondo, rendendoci autenticamente liberi, e quando manca fa sì che le cose continuino ad andare avanti di merda come sempre.

La scelta sta solo a noi. Centriamoci e potremo cambiare il mondo molto più di quanto non crediamo; non facciamolo (perché siamo liberi anche in questo senso) e rimarremo impastoiati nelle sterili dinamiche dell’inconsapevolezza e dell’orgoglio razionalistico di chi non vede più in là del proprio naso. Che a quanto pare “fa fico” e non fa passare da fessi, ma alla lunga rende molto poco (come so per esperienza personale).