CITAZIONI CHE FANNO PIACERE
Ieri sera ho attraversato nuovamente la notte fiorentina raccogliendo impressioni ambientali risonanti con i miei nuovi lavori, ma anche con i precedenti. In particolare, penso a Viale dei silenzi e a Internet. Cronache della fine, che hanno nelle camminate notturne un proprio Leitmotiv interno. E, come per sincronicità, ecco che proprio due citazioni da questi libri escono stamani in una nuova e bella rubrica curata da Marino Magliani e Francesco Sasso per il blog Retroguardia, ovvero “L’Emporio dei Frammenti”. Grazie infinite a loro per l’ospitalità!
A questo link potete trovare il primo numero della rubrica, con le citazioni in questione, la prima delle quali (da Viale dei silenzi) ispirata dalle atmosfere di Varsavia, mentre la seconda (da Internet. Cronache della fine) proprio da una notte fiorentina (non a caso, metto qui alcune delle mie foto di ieri sera).
Altra piacevole notizia della serata di ieri, l’uscita di un’ottima intervista del critico letterario e scrittore Giuseppe Iannozzi sempre a Marino Magliani, in veste tanto di autore quanto di traduttore. Sono grato a Marino (e a Giuseppe) per avermi citato come traduttore insieme all’ottimo collega (e amico) Alessandro Gianetti.
Le camminate del martedì sera (ma non solo), quando dalla mia tranquilla periferia di Ponte a Greve raggiungo i tandem linguistici in presenza che frequento in centro, sono peraltro fonte di ispirazione “attiva” anche nella mia scrittura, se è vero che, dopo aver completato il mio secondo noir Ladro di stanze, adesso in corso di revisione, sto già programmando il terzo di quella che vuol diventare una serie. Direte, perché? Perché mi piace anche scrivere i noir, e il fatto che siano un genere amato dai lettori italiani mi motiva ulteriormente. Del resto, nella scrittura come nelle traduzioni e nella pratica delle lingue in genere, amo variare, perché è dalla combinazione di stili e “voci” diversi che si può ricavare uno sguardo più ricco e complesso sul mondo.
Proprio ieri sera e anche in altre occasioni, di recente, stavo riflettendo con persone amanti delle lingue su come il profilo della pratica, al di là della grammatica e dello studio teorico, sia essenziale (a proposito di citazioni, ma stavolta video, vi rimando alla mia clip che segue).
Sostanzialmente è la stessa cosa che sperimento nello studio della chitarra con il Maestro Ganesh Del Vescovo: la regolarità nello studio è fondamentale, e consiste prima di tutto quotidianità del contatto con lo strumento. Solo così (e vale appunto anche per le lingue) si acquisiscono quegli automatismi e quella sensibilità che permettono di sentire la lingua (e più in generale il suono) in modo profondo ed espressivo. E gli errori ci stanno: se ne fanno tanti (ma col tempo sempre meno – credo comunque che fosse il grande pianista Arthur Rubinstein ad affermare che, se durante un concerto faceva trenta-quaranta errori, poteva dire che era andata bene), ma non contano tanto quanto quella sensibilità e quel polso della ritmica, del fraseggio e della timbrica musicale.
Me ne accorgo quando scrivo e traduco, perché il risultato di quel lavoro è che il più delle volte le parole vengono quasi da sé, (ri)scrivendosi nella mia mente nel momento stesso in cui stendo una mia idea o butto giù la prima versione di una traduzione. Questo non sarebbe possibile senza la pratica quotidiana della lingua parlata. Anche se, in tutta onestà, quest’ultima non mi porterebbe da nessuna parte se non avessi la struttura grammaticale e sintattica e farle da supporto.
Proprio in tante notti del recente passato, e anche del presente, ho alternato e alterno la scrittura alla lettura a voce alta di citazioni ed estratti di opere in lingua straniera, per allenarmi a pensare direttamente in altre lingue. Questo mi induce a verificare di nuovo regole grammaticali e sintattiche già studiate, ma che vanno sempre affinate, esattamente come studiando un pezzo per chitarra si è portati (anzi, “costretti”) ad approfondire una determinata tecnica, come l’arpeggio, il legato, il tremolo o altre ancora. E poi grammatica e sintassi, come in un triangolo calcistico perfettamente riuscito, rimandano nuovamente alla pratica.
Le parole (in qualunque lingua) sono uno strumento di comunicazione, e rappresentano – anzi, evocano simbolicamente – il mondo (proprio come la musica e le immagini). Lo spiegava il Maestro Alberto Manzi in una delle celebri puntate della trasmissione degli anni ’60 (ricordata a “Passato e presente”, su Rai Storia) “Non è mai troppo tardi”, quando insegnava a leggere e a scrivere alle persone adulte che non avevano potuto studiare. Aiutano – così argomentava a ragione – a conoscere il mondo e se stessi, e naturalmente a creare un ponte con il prossimo che una vita ripiegata su se stessi negherebbe.
Forse non è un caso che io abbia dato un’accelerazione decisiva alla pratica delle lingue (online) proprio durante l’infame tempo pandemico, quintessenza di inefficace divisione e discriminazione in salsa GP. E adesso che la vita sociale è ricominciata appieno, desidero profondamente attingere da questa fonte di entusiasmo – come del resto da quella che viene dalla scrittura e dalle pubblicazioni (a febbraio, la prossima) – per incontrare anche e soprattutto nella vita reale persone di tutto il mondo potenzialmente in tutto il mondo, ovviamente partendo da qui.
Anzi, una delle domande che il nuovo libro affronterà sarà proprio: “Che cos’è qui, e che cosa lì?”. Ma per adesso non vi dico altro 🙂