INTERVISTA E PRE-PARTENZA

INTERVISTA E PRE-PARTENZA

L’ultima puntata del mio diario dalla residenza letteraria a Pécs coincide felicemente con la pubblicazione sul quotidiano locale “Dunántúli Napló” dell’intervista fattami qualche giorno fa dalla giornalista ungherese Réka Mohaj. Qui sotto trovate la foto della pagina del giornale, con la foto scattatami sempre da Réka nello Zsolnay Cultural Quarter, dove ho risieduto per diciassette giorni di lavoro intenso e gratificante.

Di seguito, inserisco una traduzione italiana dell’intervista che ricavo con l’aiuto dei traduttori automatici che si trovano in rete (per ora, con l’ungherese riesco a fare solo questo, ma in futuro non ne avrò più bisogno). Intanto, comunque, è uscita anche la versione online dell’intervista, sul sito del giornale.

Intervista 1

Traduzione dell’intervista:

L’autore italiano ha immaginato il crollo di Internet nel suo libro (sul sito del giornale il titolo recita: “Pensi che potrebbe succedere? L’autore italiano ha immaginato il crollo di Internet nel suo libro”)

Parla più di sette lingue [qui Réka è stata generosa: in effetti sono sette, v. qui, anche se è vero che ce ne sono tre nuove in cantiere, ovvero ungherese, tedesco e croato]

Giovanni Agnoloni, scrittore fiorentino, è arrivato a Pécs per lavorare a un romanzo nell’ambito del programma locale di residenza per scrittori. Scrive e traduce da molte lingue, e nei suoi libri, sia pur in forma narrativa, discute di temi sociali e politici di attualità. Ha anche raccontato perché si è innamorato della lingua ungherese.

– Cosa ti ha spinto a scegliere una residenza letteraria a Pécs?

“Ho già partecipato a molti programmi simili e desideravo da tempo visitare l’Ungheria. Così, navigando in Internet, ho trovato questa opportunità, ho fatto domanda ed è stata accolta. Attualmente sto lavorando a un romanzo che in parte è ambientato qui e racconta il viaggio di uno scrittore fiorentino che attraversa molte città europee alla ricerca di una donna. Non solo si avvicina a se stesso durante i suoi viaggi, ma si approccia anche a varie questioni sociali e politiche relative all’Italia e al resto d’Europa – oltre che in Croazia e Polonia, il protagonista si reca anche a Pécs. Da qualche settimana lavoro nel caffè del Teatro delle Marionette Bóbita, che comparirà anche nel romanzo in uscita. Proprio in questo teatro avverrà una decisiva presa di coscienza personale e collettiva del protagonista, che gli svelerà il senso del sua destino errante, prima di andare avanti.”

Intervista Pécs

– Parli sette lingue, ma ho sentito che stai già studiando anche l’ungherese!

“Sì, e quando mi metto in testa di fare qualcosa, lo faccio, quindi la visita in corso è anche una buona occasione per fare progressi graduali con l’ungherese. In una lingua, la musicalità è sempre la chiave per me, che mi rimane attaccata addosso. Questo è stato il caso dello svedese e del portoghese, e ora anche la melodiosità dell’ungherese ha preso piede in modo simile. La sua armonia sonora mi ha colpito in modo particolare. Anche se non è facile mantenere tutte le lingue allo stesso livello, e se non ne uso una così per molto tempo perdo l’allenamento, in definitiva è un po’ come andare in bicicletta, e quello che hai imparato a fondo non lo dimentichi.”

– La passione per le lingue compare anche in J. R. R. Tolkien, del quale ti sei occupato come saggista. Cosa ti ha spinto a fare questo lavoro?

“Leggendo Tolkien, possiamo sentirci completamente nel mondo che lui ha creato. Nel suo saggio Sulle fiabe, spiega come la fuga in un mondo fantastico attraverso le storie non denoti una mentalità da disertore, ma piuttosto lo spirito di libertà di chi evade da un carcere. Come prigionieri della routine quotidiana, intravediamo un mondo in cui possiamo riscoprire l’intensità delle nostre emozioni. Così, dopo aver incontrato i draghi, guardiamo con occhi diversi gli agnelli e i lupi del mondo reale, e possiamo tornare ad agirvi con spirito rinnovato. La narrativa e la letteratura sono capaci di questo: ci aiutano a superare i soliti schemi, ci toccano e ci trasformano innescando una viscerale reazione a catena. Questa è la grande lezione di Tolkien, mio maestro, ed è ciò che io, da umile allievo, mi sforzo di fare quando scrivo.”

Intervista cattedrale

Giovanni Agnoloni ha immaginato un mondo senza Internet ed è, tra l’altro, autore di una tetralogia di romanzi (Internet. Cronache della fine), che esamina la possibilità distopica di un crollo di Internet, pur ancorandosi alla concretezza delle esperienze che si svolgono nel mondo in cui viviamo. In queste opere spicca l’idea che internet e la tecnologia possano diventare uno strumento di manipolazione del potere politico ed economico.

“Certo, internet può essere usato a fin di bene, per costruire relazioni, ma non possiamo ignorare l’importanza degli incontri veri, umani. Trovo che dopo la pandemia le persone si siano disilluse rispetto alla tecnologia, e che oggi stia iniziando a venire alla ribalta un uso più pratico e mirato di Internet e dei social media.”

Intervista strada

Oltre a questa bellissima occasione di confronto e riflessione, grazie a questa intervista sul mio lavoro di scrittore e traduttore, gli ultimi giorni mi hanno offerto la benedizione di un sole “metafisico”, come l’ho definito su un mio post di Facebook cui ho allegato alcune delle foto che qui vedete, scattate tra Széchenyi tér, la piazza principale di Pécs, e la sua cattedrale. Sembrava di essere in una via di mezzo tra un quadro di Sorolla e uno di De Chirico. Luce liquida, che portava con sé, come ho già scritto l’ultima volta, risonanze di mare, ma anche echi di una pace capace di travalicare qualunque tempesta dello spirito.

Forse per l’ineludibile legge delle risonanze sincronicistiche, è un po’ quello che è capitato anche a me in questo periodo di grande chiarificazione interiore, e non a caso è quello che succede al mio personaggio, che – colto da una sorta di visione lucida – scrive un romanzo ambientato a Pécs prima di arrivare lui stesso qui. E la Pécs che immagina ancor prima di conoscerla, e poi quella che conoscerà, gli suggeriscono delle chiavi per comprendere se stesso e, contemporaneamente e con nessi inaspettati, tanta parte della realtà italiana ed europea degli ultimi cinque (o magari anche cinquanta) anni.

Intervista cattedrale interno

Immergersi nella luce dopo aver attraversato l’ombra, e vedere – e così dissipare – l’oscurità (personale e collettiva) con una lucidità mai sperimentata prima è precisamente il dono del viaggiare, che regala percezioni e intuizioni compresse in uno spazio “potenziato”: come una spremuta esistenziale, che spalanca porte impreviste ma fortemente consonanti con le più genuine esigenze interiori.

Per di più, il mio viaggio ungherese da domani prosegue, toccando Szeged per un reading in lingua inglese con Roland Orcsik e Orsolya Bencsik, e quindi Budapest, e mi auguro che tutto questo agevoli il mio graduale approcciarmi alla misteriosa lingua ungherese, che forma essa stessa parte del tessuto narrativo del mio romanzo. Insomma, posso affermare che questa residenza letteraria è stata – e in generale questo viaggio è – una sorta di ritiro, in un certo senso spirituale, in un altro “sportivo”, come quelli delle squadre nel pre-campionato, per allenarsi e imparare l’arte della presenza nel qui e ora.

Intervista spianata

Inutile dire quanto sono grato a coloro, in primis Károly Méhes, sua moglie e tutta l’organizzazione dello Hungarian Writers’ Residence Program, che hanno reso questo possibile, ma anche a Réka Mohay per il suo ottimo lavoro giornalistico con questa intervista, e a tutto lo staff dello Zsolnay Cultural Quarter che mi ha assistito negli aspetti pratici relativi all’alloggio, nonché alle ragazze e ai ragazzi del caffè del Teatro delle Marionette, sempre solleciti e simpatici: da loro, in particolare, ho trovato un ambiente di lavoro ideale, con la giusta misura di compagnia e concentrazione.

Adesso il lavoro e il viaggio continuano, intercomunicando e preludendo a nuovi sviluppi letterari e linguistici.