Diario di viaggio o romanzo?

DIARIO DI VIAGGIO O ROMANZO?

Diario di viaggio

Difficile, per certi versi, catalogare il mio diario di viaggio Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa (Fusta Editore), che quest’anno parteciperà al Premio “Sergio Maldini” per la letteratura odeporica.

A mio avviso è qualcosa di più di una raccolta di capitoli (interpretabili come racconti) su diverse esperienze di viaggio in paesi nordeuropei. Molto più corretto leggerlo come un romanzo, e non solo per via dei capitoletti di raccordo – ambientati a Firenze – in cui l’io narrante (che “sono io ma non sono io”) – ripensa alle esplorazioni del passato e si prepara a una nuova partenza. Il vero motivo è la ricerca, la quest personale che lo coinvolge in tutte le sue passeggiate per le città d’Europa. Quella dell’amore, che lo avvicina più volte a una “donna ideale” che però torna sempre a sfuggirgli. Quindi la incontra, ma uno sfortunato incidente gliela porta via. E infine rimane dentro di lui, ispirando i suoi nuovi passi nel mondo.

Un diario di viaggio, dunque, ma prima di tutto un pellegrinaggio interiore, in cui la speranza di un completamento affettivo non è che un aspetto della fondamentale ricerca di senso-vocazione esistenziale che il protagonista compie. E lo fa partendo dal suo Erasmus inglese dell’anno 2000, per poi rendersi sempre più conto di essere nato per scrivere e comunicare in varie lingue. Le successive esperienze in giro per l’Europa saranno infatti sempre condotte con lo spirito di chi, in quella prima full immersion britannica, aveva intuito che i confini di un paese non possono coincidere con quelli della propria missione nel mondo.

Riporto qui di seguito alcuni estratti delle migliori recensioni che questo diario di viaggio-romanzo ha ricevuto:

“Con Berretti Erasmus (…) siamo nell’alveo di quella narrativa difficile da catalogare, in quanto Giovanni Agnoloni si sbarazza facilmente di tutti i generi consolidati e convenzionali e ci offre un’opera decisamente nuova, muovendosi con estrema libertà e padronanza tra letteratura memorialistica, odeporica, autoanalitica e romanzo di formazione. L’autore ci si presenta sotto una duplice veste: io narrante e io agente e l’incipit, nella sua nuda semplicità, a mio avviso, è folgorante: “C’era nebbia, quella domenica pomeriggio. Passeggiavo lungo l’argine della Greve”.

Mi è venuto in mente immediatamente il capitolo XIX della Vita Nova di Dante: “Avvegna che passando per un cammino lungo lo quale sen giva un rivo chiaro molto, a me giunse tanta volontade di dire.” L’accostamento non sembri azzardato né irriverente, dal momento che ci sono alcuni indiscutibili punti di contatto: innanzitutto sono entrambi fiorentini di origine ma non di costumi, come ha detto il Divin Poeta nella lettera a Cangrande della Scala e come più volte ha ribadito Giovanni Agnoloni, in secondo luogo in entrambe le opere, esclusivamente nella Vita Nova, prevalentemente in Berretti Erasmus si discute di amore e, infine, entrambi dimostrano in maniera inequivocabile che quella che impropriamente viene chiamata ispirazione non è altro  che un’occasione, in cui un colore, un suono, un’immagine o una parola provocano l’urgenza di dire, di scrivere, di dare forma a emozioni, ricordi, sentimenti.”

(Francesco Improta, scrittore e critico letterario, su RPLibri)

Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa, è questo il sottotitolo di questo libro, che è molte cose insieme: viaggio e memoir, romanzo di formazione e riflessione su cu ciò che siamo e ciò che dovremo imparare a essere ancora di più. “

(Paolo Ciampi, giornalista e scrittore, su I libri sono viaggi)

“Ritorni a luoghi amati, lontani e ricchi di stimoli, ma anche all’ambivalente Firenze, dalla quale Giovanni si allontana puntualmente, attratto dall’altrove ma anche da una ricerca intima e sentimentale che lo porta a vivere i tanti allontanamenti come il viaggio, quello in cui “ci si rende conto di come una vicenda personale possa diventare un simbolo, o almeno un anello di congiunzione con un senso più ampio delle cose”: è la ricerca dell’amore, della propria vocazione umana e professionale, del senso della vita e del dolore, dell’ignoto che alberga in ciascuno di noi. “

(Annarosa Francescut, recensore per I libri di Mompracem)

“Ancora una volta, come già in altre sue narrazioni, Agnoloni, con lo stile elegante e colto che lo contraddistingue, affronta il tema del viaggio, rendendolo uno strumento per indagare sé stesso, la realtà circostante e la propria personalità in relazione al mondo. Un romanzo affascinante, ineludibile per chiunque sia appassionato di viaggi e veda in essi un’occasione di crescita personale e di allargamento non solo dei confini fisici, ma anche e soprattutto di quelli mentali.”

(Serena Bedini, scrittrice e recensore per Leggere tutti)

“Nel romanzo di Agnoloni, il protagonista sente che viaggiare è una necessità. Tra queste pagine non parliamo di un giovane turista a caccia di avventure, ma di un uomo che si abbandona alla sua vocazione, quindi, al suo destino. Il tragitto è segnato, ciò che accade è semplicemente ciò che è, l’esistenza si compie “obbedendo” alla “necessità”. Ciò non vuol dire che non esiste un libero arbitrio, ma che mettersi in cammino, ossia, peregrinare, è l’attività di chi accetta la sfida.”

(Martino Ciano, recensore per Gli amanti dei libri)

“Leggendo, ci accorgiamo che l’autore non attira la nostra attenzione su un particolare per inquadrarlo in un’azione diretta a uno scopo, ma per fissarci sul fatto in sé, per decostruirlo e analizzarlo, come se ogni minimo evento, proprio perché è accaduto, possa contenere una verità universale, momentaneamente obliterata nel vortice della frenesia quotidiana, ma ricuperabile con la memoria.”

(Riccardo Ferrazzi, scrittore, su La Poesia e lo Spirito)

“C’è un’altra cosa che mi ha colpito, in questo libro, ed è la capacità che Agnoloni ha di descrivere, con apparente semplicità, i luoghi e la gente che li popola. Molte delle città in cui il protagonista soggiorna le ho visitate anch’io e nelle pagine di Berretti Erasmus le ho riconosciute, ho percepito la loro essenza, grazie allo sguardo limpido di Giovanni, al suo linguaggio accurato e poetico, alla sua capacità intuitiva. Un piccolo grande libro.”

(Marisa Salabelle, scrittrice, su TheMeltinPop)

“In prima battuta, conoscendo da tempo l’opera dello scrittore e traduttore Giovanni Agnoloni, nel ricevere la pubblicazione Berretti Erasmus, eravamo rimasti interdetti; ché, per essere estremamente chiari, o di lui non avevamo compreso niente oppure si trattava semplicemente di un’anomalia del sistema. E quindi, con le dovute e opportune calma e attenzione abbiamo compreso. L’autore necessitava d’un passaggio intermedio, di “viaggiare”, e non nell’accezione che vedremo più avanti, in un’altra terra di contenuti per la scrittura. Insomma Agnoloni aveva deciso di darci il suo “libro di viaggio”.”

(Nunzio Festa, scrittore, su Kult Underground)

“I ritorni a Firenze dove è nato e cresciuto acuiscono un senso di sottile estraneità nei confronti della città natale, contribuendo alla formazione di un particolare atteggiamento psicologico che prescinde dall’evidenza della sua bellezza: infatti Giovanni tende piuttosto a comparare le emozioni riesumabili dai ricordi dei suoi primi anni con quelle evocate da altri paesaggi urbani. Non lo affascinano tanto gli abbaglianti splendori dell’arte, quanto piuttosto le sensazioni sottili che promanano da un istante, uno squarcio nella coscienza, che per lui può aprirsi su prospettive di città nordiche, che lasciano immaginare un senso di tepore interiore pur nella visione di candidi scintillii di strade innevate o notturni illuminati dalla gelida luna boreale. Con ciò inizia a crescere nel protagonista un interesse che i soggiorni Erasmus renderanno via via più chiaro: la ricerca su se stesso per scoprire come stare al mondo nel modo più consentaneo alla sua natura.”

(Luigi Preziosi, critico letterario, su Vibrisse)

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