OGGI PIU’ DI (O FORSE ESATTAMENTE COME) IERI
Oggi è una di quelle giornate in cui la traduzione si alterna in modo pressoché costante alle riflessioni sul libro in corso di scrittura . Ho buttato giù degli appunti che saranno fondamentali per lo sviluppo delle parti più politico-sociali de La via dell’altrove, e molto hanno a che fare con il modo in cui in tanti ci siamo persi per strada e ghettizzati a vicenda, in questi ultimi anni e decenni di (amaro e peraltro assai relativo) trionfo della società consumistica.
Il mio nuovo romanzo diventerà allora un viaggio attraverso l’Europa per accedere a un segreto interiore forse inconfessato, eppure frutto di quel deterioramento generazionale, che spesso ci ha portati a vedere nell’altro solo un elemento da sfruttare o un fattore di disturbo da “bannare”.
Sono temi che in parte ho già affrontato soprattutto in Internet. Cronache della fine e in Viale dei silenzi. Eppure, poi c’è sempre un’altra strada possibile: saper trovare la risposta nella propria vocazione personale (il che emerge bene in Berretti Erasmus). È la famosa centratura di cui parlavamo recentemente. E questa cosa riguarda il mio nuovo personaggio, ma anche me – con i libri, le lingue e la musica -, e credo un po’ tutti, con quello che vogliono.
Segue un estratto proprio da Berretti Erasmus (p. 177, nell’ultimo capitolo, ambientato sull’isola di Gotland):
“Stavo forse diventando asociale? No, il punto non era questo. Semmai, non ero più “per forza socievole”. Arrivi a un punto in cui hai scoperto chi sei e che cosa vuoi. Così, semplicemente, inizi ad attuarlo. Altrimenti anche l’Erasmus, declinato in ogni forma possibile, rischierebbe di diventare una manifestazione della cosiddetta sindrome di Peter Pan. Un po’ come nel celebre film L’appartamento spagnolo, dove il protagonista francese, finito il periodo di studi a Barcellona e raggiunta la laurea, giusto un attimo prima di iniziare a lavorare in un ambiente professionale grigio e anaffettivo si salva scappando e dandosi alla scrit- tura a tempo pieno. Non che questa debba essere la strada giusta per tutti, ma certamente lo era per lui – e, aggiungo, per me, che peraltro ero pure un traduttore letterario. L’Erasmus era un veicolo di attuazione della vocazione personale: ormai l’avevo capito, e me lo sarei portato dietro ovunque fossi andato.”