Firenze da lontano

FIRENZE DA LONTANO

In questi giorni, uscendo da solo la sera a Firenze, quando il caldo dà tregua, mi sono più volte calato nei panni dell’io narrante de La via dell’altrove, il romanzo (anche) di viaggio d’ispirazione pasoliniana al quale ho lavorato in Ungheria e sto lavorando tuttora.

Firenze panorama

Come la quasi totalità dei miei libri, questo nuovo libro è solo apparentemente autobiografico, ma in realtà ha relativamente poco a che fare con la mia vita. Piuttosto, ne prende dei pezzi qua e là e li rielabora, usandoli come materiali di costruzione per una storia totalmente nuova (alla faccia di chi, com’è trapelato alla cerimonia finale del Premio Strega, deplora l’autobiografismo come se non fosse tutto un po’ autobiografico, ma anche di chi ironizza sull’arte della narrazione pura – perché dire “storytelling” mentre si parla italiano, diciamolo pure, fa schifo).

Firenze San Miniato

Qui, però, nella Firenze metafisica che ho percorso – ieri nella zona dell’abbazia di San Miniato al Monte, già da me evocata in Viale dei silenzi e dal mio amico e coautore di Da luoghi lontani Carlo Cuppini (nel racconto “La porta del cielo”), e qualche giorno prima nella mia zona, Ponte a Greve, che compare in Berretti Erasmus e Internet. Cronache della fine -, mi sono inconsapevolmente immerso nel punto di vista di qualcuno, il mio nuovo personaggio, che ha lasciato Firenze per un viaggio senza ritorno, e che da lontano la immagina nella sua essenza pura, fatta di arte e spirito, di colori e profumi quintessenziali.

Questi, come lui ben sa, nel mondo sanno coesistere con il nero del potere e dei suoi traffici, col male e le sue propaggini politiche, lobbistiche e biecamente commerciali, ma nel ricordo e nella vita intima sono l’unica sostanza che conti, l’unico reale termine di confronto nel costante correlativo oggettivo tra chi narra e il mondo in cui si muove, tra chi vive e i luoghi che abita.

Firenze Ponte a Greve

Come tante volte Carlo, Sandra Salvato e io abbiamo detto presentando Da luoghi lontani, il tempo, in definitiva, a questi livelli abissali (che fanno eco a quelli ipermicroscopici della fisica quantistica), non esiste. Esiste solo lo spazio, che poi è esso stesso il frutto di un’infinita dialettica di possibilità tra “quanti” di realtà, per rifarci a Carlo Rovelli e Lee Smolin (nonché al loro divulgatore Jim Baggott). Nel “fuori”, però, esiste eccome, e regola, col suo plastico transitare, le stagioni dell’anno e della vita, personale e collettiva.

Firenze dietro San Miniato

È in questa dimensione trasversale, fatta in pari misura di eterno e di transitorio, di libero e di prigioniero, in cerca di un Altrove che è da qualche parte “là fuori”, ma in realtà si annida nel profondo, oltre i catenacci del terrore, che mi sto muovendo mentre scrivo il mio nuovo romanzo. Ed è anche uno dei motivi per cui, ovunque vada, cerco e fotografo immagini capaci di esprimere questa compresenza di livelli. Così i luoghi diventano parte di me tanto quanto i miei personaggi, e io di loro.