Londra tra fumo, ricordi e avvenire

LONDRA TRA FUMO, RICORDI E AVVENIRE

Ieri ho visto per la prima volta per intero Fumo di Londra, il primo film da regista di Alberto Sordi, del 1966. Una commedia leggera e sottilmente amara, forse un po’ povera nella sceneggiatura ma intrisa di grande atmosfera (anche grazie alla splendida colonna sonora di Piero Piccioni e Bruno Nicolai) e di un senso di decadenza in atto, già colta quando la “Swinging London” era in pieno fervore – Sordi, del resto, è spesso stato “profetico” nella sua produzione da regista, basti pensare a film come Detenuto in attesa di giudizio e Tutti dentro, tanto per menzionarne due.

Londra

Ma, soprattutto, il film mi ha riproiettato nel cuore di un’Inghilterra che, dopo averla rivisitata (e vista cambiata) l’anno scorso, a distanza di molti anni dal mio programma Erasmus, ho riconosciuto come uno dei miei luoghi d’elezione, anche se sempre un passo dopo l’Irlanda, come sapete. E quel mélange specifico di entusiasmo vitale e malinconia Sordi nel film li ha colti alla perfezione, anticipando perfino lo “spirito Erasmus”, sia pur attraverso gli occhi di un uomo adulto e giunto a quell’euforia esistenziale ormai non più ragazzo.

Non sembri dunque bieca autopromozione se cito qui qualche riga dal mio Berretti Erasmus, ambientata non a Londra ma a Leicester, dove peraltro evoco la musica di tante band britanniche di epoche anche successive ai Beatles contemporanei a quel film – pur non nominandoli, pensavo soprattutto agli Who, ai Pink Floyd, agli Oasis, ai Radiohead…

“Mi trovavo sull’orlo di una terra di frontiera. I rumori, gli odori e le atmosfere di quella sera promettevano di entrare nella mia mente come le prime impressioni del mondo per un anatroccolo. E tra pochi istanti sarebbe stato così anche per le parole che quel tipo e l’altro, che ancora non vedevo, mi avrebbero rivolto. Anche loro, sommandosi a quel retrogusto vagamente amniotico, avrebbero contribuito a dettare la prima nota di una “sinfonia d’Oltremanica” che mi sarebbe risuonata a lungo in testa. Come le canzoni di varie band inglesi che amavo già da tempo, e che mi parlavano di un mondo di periferia e di speranza, di noia e di passeggiate all’aria aperta, di incontri liberi da vincoli e di un senso di libertà che ti entrava nelle ossa.” (p. 19)

Oggi mi trovo a ripensare a Londra perché nel mio nuovo romanzo in corso di stesura, La via dell’altrove, ambientato tra l’Est e il Nord dell’Europa, in qualche modo c’entrerà anche il Regno Unito. E questa compresenza di sensazioni, o direi questa “rapsodia in grigio”, che va tingendosi di tonalità seppia tendenti al recupero di un colore pieno, sarà fondamentale nello sviluppo della storia.