Scrittura narrativa e normalità

SCRITTURA NARRATIVA E NORMALITÀ

Scrittura narrativa

Una delle cose più difficili, in narrativa, è raccontare la normalità. Mi trovo adesso a scrivere un romanzo post-distopico, che presuppone una tirannia finita (e vi ricordo che tanto di quello che ho previsto in Internet. Cronache della fine – crollo di internet a parte – si è realizzato, quindi confido che la cosa sia di buon auspicio).

Il fatto, però, è che si è portati a pensare che nella quotidianità non ci sia niente di interessante (mi viene in mente una “facile” chiave di lettura del celeberrimo incipit di Anna Karenina di Tolstoj (“Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo”). Sono convinto che non sia così.

Voglio dire, credo che una trama interessante e letterariamente di qualità possa nascere non solo dal tormento (che ho ampiamente esplorato nella mia quadrilogia distopica), ma anche da territori di pace ritrovata. Anche perché ogni pace è il risultato di un processo articolato, spesso lungo quanto una vita. E la ricerca spirituale che ciò comporta – difficile da improvvisare, così come lo scriverne – è di per sé estremamente interessante.

Il problema, e la chiave di questo tipo di scrittura narrativa, è incorporarlo in una narrazione di cose quotidiane, eccezionali nella loro normalità, vivificandole da dentro e spezzando la tentazione dello sbadiglio insita in quel tipo di pregiudizio.

Non serve essere “rock” per entrare dentro chi legge o ascolta. Serve essere magnetici. Vibrare. E niente vibra più della Luce.

Per avere maggiori informazioni sui miei precedenti libri, vi indirizzo alla pagina di questo sito dedicata ai migliori estratti di recensioni, che disegnano un arco dall’ombra alla luce, sospeso tra il tragico e il comico, che in tutti questi anni ho voluto compiere.

(nella mia foto, Collemancio, in Umbria, dove invece si ambienta un giallo che pure sto scrivendo)