LUIGIA SORRENTINO, “PIAZZALE SENZA NOME” (SAMUELE EDITORE)
Qualche giorno fa, sul blog Lankenauta, è uscita la mia recensione di Piazzale senza nome (Samuele Editore), la nuova silloge poetica di Luigia Sorrentino. Ne riporto qua sotto la parte iniziale, cogliendo anche l’occasione per ricordare che Luigia è la fondatrice e amministratrice dell’ottimo blog “Poesia, di Luigia Sorrentino”, che adesso sta lottando per rimanere aperto e al quale va tutta la mia solidarietà. Nel tempo, Luigia ha sempre sostenuto il mio lavoro, e con lei ho una speciale intesa umana e artistica.
“La poesia di Luigia Sorrentino è sempre stata caratterizzata da un’osservazione analitica delle pieghe dell’animo umano, capace di scendere a tale profondità da risvegliare e interpellare i suoi archetipi di fondo – quelle matrici essenziali del suo carattere che spesso schermano e ingabbiano la sua vera identità, impedendogli di spiccare il salto verso la realizzazione del Sé (ovvero il miglior potenziale individuale). Una di tali matrici, e delle più forti, è il dolore – insieme alla paura dello stesso. Piazzale senza nome, la nuova silloge dell’autrice, è un’esplorazione di questi territori condotta “senza anestesia”. Alternando testi in versi a brevi prose liriche, entrambi evocativi di momenti di strazio e di prova, conduce attraverso una sorta di itinerario guidato – in effetti, la si potrebbe vedere proprio come una sorta di meditazione guidata – nelle nicchie di tormento che l’essere umano cerca sempre di evitare, ma che solo venendo guardate in faccia possono essere portate a consapevolezza e smettere di bloccarlo nella sua evoluzione.
deve andare
mani abbandonate e sole – il polso
non si sente più –
il respiro precipita nel vuoto
la corsa chiude il suo ritorno
stringergli la mano
nella calma materna
corre tutta la vita
(pag. 21)
E poi:
il fazzoletto di lino imbevuto
nell’acqua, il dito passato
sulle labbra
lo abbevera oscenamente l’antico
silenzio di notti affamate
nel compiersi della fine
l’emergenza è un corteo di torture
(pag. 22)
E ancora:
gli ultimi gesti
sconfinano nella gravità
sempre più giù
la testa contro il petto
impressa sul torace la faccia
l’ultima vena si è fermata
morire con gli occhi offuscati
oltre le labbra
compulsiva
sofferenza senza risposta
(pag. 23)
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