Nazionale KO, parliamo di (vero) calcio

NAZIONALE KO, PARLIAMO DI (VERO) CALCIO

Concedetemi un post di calcio, perché ho finito da poco di scrivere un romanzo che ruota attorno a questo sport e sto tornando a occuparmene giusto adesso. Mi accingo infatti a leggere il nuovo romanzo di Marino Magliani e Marco Ferrari Sporca faccenda, mezzala Morettini (Atlantide Edizioni) e mi appresto a lavorare a un mio nuovo libro sul tema. E poi un po’ di diritto di parola ce l’ho anche per aver tradotto l’autobiografia di Arsène Wenger La mia vita in bianco e rosso (Baldini + Castoldi) (curiosamente, gli stessi colori originari della Fiorentina).

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Del resto, il calcio – con buona pace degli indifferenti – è anche cultura (popolare) e società (Luciano Bianciardi ce lo insegna) e, soprattutto a certi livelli esaltanti, è quasi arte.

Appunto, a certi livelli, tipo quelli espressi ieri sera dalla squadra in rosso.

Con Italia-Spagna, abbiamo assistito non a una partita, ma a una corrida. E almeno noi italiani fossimo stati rabbiosi come il povero toro!

Vi dirò, un minimo “godo” (ma in realtà mi girano) per il risultato per e come è maturato, perché il mister Spaletti non ha voluto convocare il viola Bonaventura, credo per un fatto di età, mentre sarebbe stato utilissimo proprio per fare da cerniera tra difesa e attacco, cioè nella zona del campo dove siamo stati surclassati. Comunque anche il “gobbo” Locatelli (perdonate l’accento da tifoso della Fiorentina) sarebbe servito alla nazionale. E basta Jorginho, per carità! Sarà stato un giocatore di classe in passato, ma non ha più la capacità di gestire e ispirare, e di fatto è un uomo in meno, proprio a centrocampo (anche contro l’Albania non aveva fatto niente di trascendentale). Per tener testa a campioni assoluti come gli spagnoli serve qualcuno che tenti quanto meno di avvicinarsi al Pirlo che fu. O, se non altro, una barriera frangiflutti coi piedi almeno discreti. Insomma, per citare il vecchio Orrico, non pifferai, ma taglialegna (di quelli buoni).

Ma soprattutto si vede la differenza tra un sistema-calcio in cui ai ragazzini vengono insegnati i fondamentali fin dalla più tenera età e uno in cui si pensa quasi solo a corsa, palestra e tattica, ma poi si sbagliano i passaggi più semplici e non si ha un buon controllo del pallone (detto da uno che sarà stato un difensore roccioso, ma quanto a stoppare e palleggiare è sempre stato una pippa).

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Foto scattata nell’agosto 2022 a Box, in Inghilterra – non lontano da Bath -, in un campo che ha contribuito a ispirare quello che adesso sto scrivendo.

Infine, una nota sulla gestione dei cambi e sullo spirito di Spalletti: quanto voleva aspettare prima di togliere non solo Jorginho, ma uno Scamacca indolente e perfino indisponente (sorvolando su un Chiesa etereo e inconsistente)? La partita è decisamente cambiata quando è entrata gente con la giusta dose di fame e di rabbia, come Retegui e Zaccagni, e anche Cristante è stato (più) decente. Li avesse messi prima, forse il pareggio l’avremmo strappato.

In ogni caso, ho la sensazione che – al netto dell’Europeo vinto “a culo” tre anni fa da Mancini, che peraltro non mi ha mai convinto – per la nazionale serva un grande motivatore, come negli ultimi anni è stato solo Conte. Oppure un sergente di ferro, alla Capello.

Comunque vediamo, magari la scoppola di ieri sveglia l’ambiente e finisce che ai quarti di finale arriviamo.