SEGUIRE IL FLUSSO (DALLA SVEZIA)
Mentre porto avanti il soggiorno svedese, che pian piano volge a conclusione, mi rendo conto che non esistono vere “fini”, se non per chi è incapace di leggere un filo conduttore nel proprio percorso esistenziale.
Stasera i miei amici poeti danesi Kenneth Krabat e Cindy Lynn Brown ripartono per Copenaghen, e la nostra giornata insieme nel parco di Djurgården, a Stoccolma, è stata piena di confronti e progetti condivisi, ognuno proiettato su un futuro fatto di scrittura e di lingue, e insieme ciascuno aperto sulla ricchezza di sfaccettature che scrivere e parlare in lingue diverse (e quindi tradurre da/verso lingue diverse) apre nella personalità di ogni individuo.
Non abbiamo – non ho – rimpianti quando si avvicina la fine di un viaggio. Non più. Penso piuttosto a quello che viene, al lavoro che ho sviluppato mentre ero qui e che porterò avanti a Firenze e altrove. E così loro, che confido di rivedere presto, magari nella bella residenza letteraria di Paolo Ciampi “Itaca”.
Intanto, penso di continuare semplicemente a seguire il flusso. È così, del resto, che visualizzo la stessa lingua svedese, come ho già scritto nei giorni scorsi: fatta di acqua, legno e verde. Proprio gli elementi che qui abbondano, e che confido mi portino ancora avanti nella pratica di un idioma che sento sempre più mio, sia per i progressi fatti nel parlarlo (anche se devo ancora mangiare tanta pappa, come si dice dalle mie parti), sia come essere umano in genere – senza più prestare attenzione a tante remore mentali, ma godendo piuttosto di una fluida superficie di scorrevolezza, carica del profondo che c’è sotto ma non più sua prigioniera.